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Cosa aspettarci dalla primavera italiana alla luce dei cambiamenti climatici

di Massimo Aceti
01 Apr 2005 - 08:24
in Senza categoria
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Nelle due foto di Tito Maggioni nubi temporalesche si approssimano alle montagne lombarde e un fulmine sfiora la chiesa di Giussano (Brianza). Condizioni meteo tipiche della primavera.
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Un servizio di un TG di qualche giorno fa, in cui venivano etichettate come rigide temperature di 13/14 gradi durante una giornata di pioggia di fine marzo, mi ha suggerito l’utilità di un articolo che potesse far luce sulle peculiarita’ climatiche della primavera, la stagione che ci traghetta dall’inverno all’estate.

Innanzitutto dobbiamo spiegare che le stagioni meteorologiche iniziano con 20 giorni di anticipo rispetto a quelle astronomiche e che quindi, meteorologicamente parlando, la primavera inizia il primo marzo e termina il 31 maggio. Alle nostre latitudini, più o meno a metà strada tra il polo e l’equatore, durante questi tre mesi il potere riscaldante del sole aumenta considerevolmente.

Le stagioni astronomiche sono tali in quanto regolate dai movimenti della terra attorno al sole e al proprio asse di rotazione inclinato. Proprio la diversa inclinazione rispetto all’orbita ne determinano il corso meteorologico. Il 21 marzo il sole si trova allo “zenit” all’Equatore, cioè i raggi del sole sono perpendicolari al piano equatoriale, mentre il 22 giugno, giorno di inizio dell’estate, lo “zenit” si trova al Tropico del Cancro, che ovviamente coincide con l’obliquità del piano dell’orbita. Durante questo periodo il nostro emisfero (emisfero boreale) si inclina dunque in modo da ricevere i raggi del sole, e conseguentemente la sua energia, in forma sempre più diretta.

In meteorologia, per convenzione, come detto, le stagioni iniziano con 20 giorni di anticipo e l’anno meteorologico va da dicembre al dicembre successivo. A partire dalle latitudini temperate, è anche possibile riferirsi a due sole stagioni, definite come la stagione del semestre caldo (da maggio a ottobre) e quella del semestre freddo (da novembre ad aprile). Questa distinzione è in voga soprattutto nei paesi nordici, dove spesso si passa dall’estate all’inverno e viceversa in maniera molto rapida. Nei paesi tropicali si fa invece spesso distinzione tra stagione delle piogge e stagione secca e man mano che ci si avvicina all’equatore le differenze stagionali tendono a scomparire.

In Italia, complice il Mar Mediterraneo che funge da “termoregolatore”, la transizione tra le stagioni estreme (estate/inverno) è invece di solito lunga e abbastanza graduale, spesso però contraddistinta da sbalzi notevoli verso la stagione futura e da altrettanti “colpi di coda” di quella ormai passata.

Il clima della mezza stagione è quindi soggetto a grandi variazioni termiche nel giro di pochi giorni, a seconda della massa d’aria dominante. E’ dunque un clima tipicamente variabile, quello che ci causa i maggiori problemi nel vestirci, perché a notti spesso ancora fredde fanno seguito giorni già caldi, o perché a calde ed assolate giornate fanno seguito giornate fresche e ventose o piovose. Tutto ciò non rappresenta un’anomalia e passare da una giornata con pioggia intensa e 12 o 13 gradi o anche meno in pieno giorno, ad una successiva soleggiata e con 20 o addirittura 25 gradi, non deve destare sorpresa, specie nelle pianure del Nord o nelle valli del Centro-Sud.

La primavera è anche la stagione dei primi temporali convettivi, specie presenti nelle pianure, valli interne e in montagna, è la stagione in cui un’infiltrazione di aria più fresca in quota scatena facilmente fenomeni di instabilità, inoltre è la stagione in cui le correnti atlantiche riescono ancora a far breccia nel Bacino del Mediterraneo, determinando periodi piovosi e perturbati anche abbastanza lunghi, ma è anche la stagione in cui un’irruzione di aria artica, molto fredda in quota, può provocare fenomeni ben più accesi che durante l’inverno, con le nevicate che possono arrivare fin sul mare (“storica” la nevicata di Bari nell’aprile 2003) o in cui l’anticiclone sub-tropicale può già provocare i primi fastidi di caldo.

Scorrendo gli annuari di statistica climatica scopriremo che tutti questi casi sopra descritti sono in effetti occorsi più volte durante le stagioni primaverili e che raramente la stagione presenta un andamento regolare e graduale. Vi è anche da evidenziare come specie nelle regioni continentali del Nord e in montagna, la differenza tra le temperature di febbraio, ultimo mese d’inverno, e quelle di giugno, primo mese di estate, sia particolarmente ampia. A Milano ad esempio la temperatura media passa dai 4°C di febbraio ai 21°C di giugno (su base statistica riferita al periodo 1951/2000), con uno sbalzo di ben 17°C, mentre risulta ben più contenuta al sud, aree costiere, dove ad esempio a Napoli, passa da +9°C a +21.5°C.

Da un punto di vista prettamente statistico una misura che ci viene incontro per analizzare la variabilità termica della primavera è quella della varianza (o meglio la deviazione standard), che ci permette di misurare la normalità o l’anomalia di un valore rispetto alla media dei valori di un insieme. Considerando l’insieme delle temperature registrate durante i 30 giorni di un mese, è possibile verificare che spesso i mesi primaverili sono quelli che presentano il dato della varianza (o della deviazione standard) più elevato, vi è cioè una maggiore propensione a registrare valori distanti dalla media a seconda delle condizioni meteorologiche dominanti. Ciò è evidente soprattutto in quelle zone lontane dal mare, dove come abbiamo visto, il gap termico inverno/estate da coprire è maggiore.

Negli ultimi anni, e in particolar modo dalla fine degli anni ’80, stiamo assistendo a un cambiamento climatico consistente soprattutto nelle zone interne del Centro-Nord Italia, dove la temperatura media è aumentata di circa 1°C rispetto alla medie storiche di riferimento.
Sempre mantenendo il riferimento di Milano, ma discorso analogo potrebbe esser fatto per tutta la Pianura Padana centro-occidentale, la temperatura media in marzo è aumentata di quasi 1.5 gradi, passando da +8.5°C a +10.0°C, in aprile di 0.8 gradi e in maggio di 1.8 gradi.

Che cosa significa tutto questo? Che negli ultimi 15 anni sono stati più frequenti e duraturi i periodi di caldo, in contrapposizione a quelli freddi (che pure ci sono stati ed anche notevoli, es. aprile-maggio ’91, aprile 2003, marzo di quest’anno), sempre più rari e poco incisivi soprattutto nella durata. Si è assistito sempre più frequentemente all’ingresso precoce in area mediterranea di anticicloni sub-tropicali, che hanno stabilizzato il tempo per lunghi periodi consentendo alla radiazione solare di scaldare rapidamente gli strati d’aria prospicienti il terreno.

Ma cosa dobbiamo attenderci dalla primavera? Quando, pur nella sua intrinseca variabilità, possiamo considerare una giornata normale e quando invece anomala? Per rispondere in maniera scientifica dovremmo ancora una volta fare riferimento alla statistica, individuando un range termico e precipitativo “normale” su base giornaliera, decadale, mensile o stagionale. Ma in questo articolo vogliamo dare solo qualche riferimento di massima, così dobbiamo considerare in linea generale non anomala una giornata d’aprile in cui si raggiungono i 30 gradi nelle pianure del Nord o nelle regioni centro-meridionali, salvo che questo valore non assuma caratteristiche di persistenza nel tempo. O altrimenti una nevicata che raggiunga le colline dell’Italia peninsulare anche a bassa quota o le pianure del Nord, un’effimera nevicata.

Certo i due esempi sopra esposti non li potremo definire esempi del clima tipico di aprile, bensì eventi limite che possono capitare. Una giornata tipica potrebbe avere temperature diurne comprese tra i 15 e i 20 gradi in aprile, 3 gradi circa in più in maggio, e potrebbe essere caratterizzata da una certa variabilità, magari dalla formazione di nubi cumuliformi durante il pomeriggio. Le medie pluriennali ci vengono incontro e ci dicono che a Torino, Venezia e Genova in aprile ci attendono temperature diurne di circa 17 gradi, a Milano, Bologna, Bari e Napoli di circa 18, a Firenze, Cagliari e Palermo di quasi 19, a Roma di 19, e che variazioni rispetto a questi valori fino a 7/8 gradi, ma nelle aree continentali anche fino a 10/12 gradi, rientrano nella normale variabilità termica stagionale. Inoltre i circa 6 gradi di media minima di Torino e i 7 di Milano, ci dicono che vi potrà essere ancora qualche gelata notturna, senza che si debba considerarla eccezionale.

In maggio i 20 gradi di media (massima diurna) si supereranno ovunque, andando dai circa 20.5 gradi di Genova, ai circa 24 di Roma e Firenze, ma negli ultimi 15 anni anche di Milano. In maggio si potranno già verificare periodi in tutto e per tutto estivi, con massime diurne prossime o già superiori ai 30 gradi e minime notturne superiori ai 15 gradi; o al contrario, ancora periodi piovosi e freschi, con nevicate anche a media quota ma non più in pianura. Anche in questo caso, sia che accada uno o l’altro episodio, non dovremmo stupirci più di tanto.

Godiamoci dunque l’arrivo della “bella stagione” senza prestare troppa attenzione alla particolarità della singola giornata, sapendo apprezzare quanto sa offrirci la natura, ma facciamo anche attenzione che i periodi di caldo precoce non assumano quei caratteri di persistenza così come spesso è capitato negli ultimi 15 anni, da quando cioè il clima ha assunto peculiarità differenti da quelle dei decenni precedenti, improntate ad un netto riscaldamento e ad una estremizzazione degli eventi.

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