Le nubi non sono nient’altro che un insieme di piccolissime goccioline d’acqua o minutissime particelle di ghiaccio che “navigano” nell’aria.
Come sappiamo, l’acqua è un elemento fondamentale per la vita sulla terra, e le nuvole sono un anello indispensabile nella catena della vita.
L’acqua del mare, dei laghi e dei fiumi, con il calore del sole, si trasforma in vapore acqueo, che sale nell’atmosfera e, apparentemente, scompare. In realtà, questo vapore non va perso: anzi, è pronto – quando si verificano certe condizioni – a ritornare acqua allo stato liquido o solido.
Questo fenomeno si chiama condensazione ed avviene quando il vapore acqueo raggiunge una certa concentrazione che rende l’aria satura; questa condensazione dipende da alcuni fattori, tra cui la temperatura: data una certa concentrazione di vapore, se la temperatura scende sufficientemente, il vapore acqueo si condensa; tale temperatura si chiama punto di rugiada (perché è proprio così che si forma, nelle notti serene, la rugiada).
La condensazione è anche favorita dalla presenza di particelle vaganti nell’atmosfera (il cosiddetto pulviscolo atmosferico), perché tali particelle potrebbero raccogliere attorno a loro il vapore acqueo vagante e diventare, se saranno sufficientemente grandi e pesanti per raggiungere il suolo, il nucleo di una futura gocciolina di pioggia.
Una volta compreso questo concetto di base, è possibile spiegare la formazione di tutte le tipologie di nubi:
1) Nebbia: non è nient’altro che una nube che si forma, per condensazione, al livello del suolo, soprattutto nelle notti serene, a causa del forte raffreddamento del suolo che fa scendere al punto di rugiada l’aria umida. E’ favorita dall’assenza di vento, dalla stabilità atmosferica e dall’umidità, e anche dall’inquinamento atmosferico delle grandi città: nebbia e polveri inquinanti leggere si fondono spesso in una miscela molto nociva per i nostri polmoni, lo smog, parola che deriva dall’inglese smoke (fumo) + fog (nebbia).
2) Nubi basse che in genere non provocano precipitazioni: E’ un fenomeno che si forma spesso d’inverno nella pianura Padana, e soprattutto sull’altopiano cuneese (500-600 metri s.l.m.). Quando arrivano, in un periodo di stabilità, venti freddi da est; man mano che essi attraversano la val Padana, raccolgono umidità e formano strati di nubi basse (nel cuneese la chiamano anche “nebbia alta”), che alla fine si accumulano contro i versanti alpini e prealpini. Se questi venti sono sufficientemente intensi e se l’aria è più instabile, quando le nubi incontrano le Alpi, possono formarsi deboli precipitazioni. Questo fenomeno si chiama effetto stau e spiega perché, d’inverno, quando arrivano venti freddi da nord-est e ovunque c’è bel tempo, nelle valli delle Alpi Marittime (a volte fino alla città di Cuneo), il cielo è spesso coperto e, talvolta, cade un debole o moderato nevischio. Dal versante opposto (sottovento), l’aria, scendendo, si riscalda e perde umidità generando un vento caldo chiamato foehn. Gli effetti stau e foehn si originano anche al passaggio delle grandi perturbazioni, e spiegano perché i versanti esposti delle montagne sono piovosi, mentre quelli sottovento sono decisamente più aridi. Al passaggio delle perturbazioni intense, le precipitazioni da stau possono essere molto copiose, e, dall’altro versante, i venti di foehn possono essere molto intensi.
3) Nubi cumuliformi: sono i tipici “cavoli”, che possono essere piccoli, medi o anche imponenti (cumuli congesti). Se sono piccoli, in genere portano bel tempo; quando sono molto grandi e sviluppati in altezza, sono spesso forieri di temporali, anche grandinigeni. Essi si formano quando masse d’aria calda e umida salgono rapidamente in strati di aria più fredda e instabile, quando masse di aria calda e umida sono costrette a salire dalla presenza di montagne, oppure quando, improvvisamente, arriva aria fredda che si incunea sotto un cuscinetto di aria calda, costringendola a salire rapidamente. Talvolta i movimenti dell’aria all’interno dei grandi cumuli (o cumulonembi) sono così violenti che le particelle di ghiaccio crescono e crescono, fino a diventare grandine, anche di grosso calibro. Ecco perché nelle zone a rischio, ad esempio le Langhe, appena si vedono “cumuli congesti” sufficientemente minacciosi, entrano in azione i razzi antigrandine che, “sparando” nuclei di gas ad alta temperatura nella nube, cercano di impedire o almeno limitare la formazione della grandine.
4) Nubi cirriformi e stratiformi alte: Sono provocate dallo scorrimento di aria umida e instabile ad una certa quota, più o meno alte, e non provocano mai fenomeni intensi come i grandi cumuli o cumulonembi. Se sono molto alte e frammentate si chiamano cirri, altrimenti c’è un’ampia varietà di cirrostrati, altostrati e strati. Talvolta i cirri preludono ad un cambiamento del tempo (avvicinarsi di una perturbazione, specialmente quando i cirri tendono a lasciare il posto a cirrostrati o altostrati, cioè nubi alte ma più organizzate); talvolta sono invece indice di bel tempo o preludio ad un’ondata di caldo (esempio: gli altostrati da scirocco, specialmente nelle regioni del Sud). Esistono poi nubi stratiformi più compatte, che possono portare pioggia o neve (nembostrati), ma mai temporali violenti e grandinigeni, sempre associati a grandi cumuli o cumulonembi. Talvolta, nelle pianure del nord Italia (ma anche dell’Europa Centrale), nubi stratiforme di aria calda e umida scorrono su cuscinetti di aria fredda vicina al suolo: in questi casi la precipitazione, partita liquida a causa dell’aria calda in quota, diventa solida in prossimità del suolo formando il cosiddetto gelicidio, o gragnuola, o ris (riso) in dialetto piemontese, fenomeno molto pericoloso per la circolazione stradale perché il fondo diventa assai sdrucciolevole senza che gli autisti se ne accorgano.
Osservando le nubi e la loro evoluzione, si godono panorami a volte davvero suggestivi, che troppo spesso ci sfuggono.
Se, oltre ad osservare le nubi, impariamo a conoscere il vento, il colore del cielo e, meglio ancora, se riusciamo anche a misurare le variazioni delle temperatura, dell’umidità e della pressione, possiamo riuscire, anche con semplici strumenti, a sviluppare previsioni del tempo locali di breve periodo abbastanza affidabili.
Su questo aspetto torneremo successivamente.