In media si verificano all’anno 30-40 eruzioni sparse per tutta la Terra, vi sono tuttavia dei periodi di maggiore attività vulcanica dove le eruzioni annuali possono superare i 60-70 eventi. Oltre all’aspetto distruttivo che in genere accompagna eventi di questo genere, bisogna considerare pure gli effetti vulcanici secondari quali l’emissione nell’atmosfera di ingenti quantità di polveri, vapori e gas di varia natura.
La disposizione geografica dei vulcani segue solitamente le grosse fratture tra le placche litosferiche terrestri ove appunto il magma può fuoriuscire con maggiore facilità, per questo motivo vi sono alcune zone completamente costellate da vulcani in attività (Sud Est Asiatico, Giappone, Africa Centro-Orientale, Carabi ecc.) e altre letteralmente prive. Tra i vulcani più pericolosi in attività vi sono il Vesuvio, Merapi in Indonesia, Il Volcan de Fuego in Guatemala, il Popocatepetl in Messico, il Monte Manaro in Oceania, il Nyiragongo in Congo.
Frequentemente poi i vulcani sorgono in aree densamente popolate, come nel caso del Vesuvio aumentando il rischio per la popolazione. L’Italia è infatti tra i paesi europei quella che possiede il maggior numero di vulcani in attività, circa una decina, a causa della sua posizione fra la placca africana, della quale fa parzialmente parte, e quella eurasiatica.
Per quanto riguarda il monitoraggio dei vulcani, esso è solitamente garantito da una rete di sismografi che registrano gli spostamenti e i piccoli terremoti che in genere preannunciano un’attività di tipo esplosivo-effusivo del vulcano. Accanto a questo sistema, sono installate, nelle maggiori aree vulcaniche, delle termo-camere (telecamere a infrarossi) che garantiscono il monitoraggio di eventuali eruzioni. Da qualche anno è possibile seguire il comportamento dei vulcani pure da satellite.
In sensori radiometrici montati a bordo dei principali satelliti (NOAA-EOS-ENVISAT-METOP-MSG) garantiscono grazie ad opportuni algoritmi applicati alle immagini rilevate, il monitoraggio praticamente continuo delle zone più a rischio di eruzione. In particolare dallo spazio è possibile rilevare l’anomalia termica dovuta all’eruzione e quindi seguire sia la potenza effusiva dell’evento, che è indice della quantità di lava che sta eruttando il vulcano, che tracciare le polveri e le ceneri emesse durante l’eruzione.
Tali polveri possono persistere in sospensione per diverse settimane e raggiungere località distanti migliaia di chilometri dal vulcano, con notevoli ripercussioni sulla sicurezza del traffico aereo. Molto più pericolose sono le nubi di biossidi di zolfo, durante un’eruzione possono liberarsi in aria tonnellate di questi composti nocivi che poi possono ricadere al suolo sotto forma di piogge acide. Da satellite è possibile tracciare eventualmente questo genere di aerosoli, intuendone la direzione e gli effetti sulle aree colpite.
Sebbene la maggior parte delle eruzioni vulcaniche non sia prevedibile al 100%, da satellite e possibile dare l’allarme in breve tempo, soprattutto in quelle zone dove non sono presenti a terra altri strumenti di rilevamento. A questo proposito esistono alcuni progetti che sfruttano i satelliti geostazionari (GOES-MSG-MTSAT) come rete di osservazione globale per fornire una risposta immediata in caso di eruzione. Analogamente la possibilità di garantire un monitoraggio in tempo reale è un ottimo strumento per gli organismi decisionali che devono far fronte a emergenze di questo tipo.