Il quarto rapporto del Comitato Intergovernativo sul Cambiamento (IPCC), costituito nel 1988 dalle Nazioni Unite, dalla World Meteorological Organization (WMO) e dall’United Nations Environment Programme (UNEP) allo scopo di studiare il riscaldamento globale, lo afferma con chiarezza: il riscaldamento del clima globale è ormai inequivocabile e risulta evidente dall’aumento della temperatura dell’aria e degli oceani, dallo scioglimento dei ghiacciai, dalla crescita del livello dei mari.
Il rapporto dell’IPCC chiama in causa le scelte di sviluppo energetico e produttivo centrate sui combustibili fossili e la deforestazione, ma rappresenta il punto di arrivo di analisi che gli scienziati portano avanti da almeno trent’anni.
Non è, infatti, notizia nuova per la comunità scientifica che le attività umane, che si sono sviluppate a partire dalla rivoluzione industriale, abbiano determinato significativi cambiamenti nella composizione dell’atmosfera terrestre, con serie conseguenze sull’equilibrio climatico globale.
Tali cambiamenti nel clima globale, con l’erosione dei ghiacciai e l’accelerazione di siccità e desertificazione, stanno oggi stravolgendo la configurazione dei paesaggi terrestri e delle acque marine e interne e con essa le relazioni umane delle comunità locali che abitano i territori.
Tutti i modelli di previsione, quelli più catastrofici come quelli più ottimisti, concordano su un dato molto allarmante: le enormi emissioni di gas serra nell’atmosfera derivanti da attività antropica stanno provocando e continueranno a provocare nei prossimi decenni un aumento rilevante della temperatura media del nostro pianeta, e conseguenze come lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, siccità, desertificazione, allagamenti delle regioni costiere.
E faranno sentire i loro effetti soprattutto sulle regioni tropicali e in generale su tutto l’emisfero meridionale del pianeta, con l’accrescimento del degrado delle terre di zone aride, sub aride e sub umide secche, la conseguente diminuzione drastica dei raccolti agricoli dell’Africa subsahariana e l’espansione geografica di alcune malattie come la malaria.
La percentuale di superficie terrestre, che è classificata come “molto secca”, che negli anni 70 del novecento era del 10-15%, ha toccato nel 2002 quasi il 30%.
Una conseguenza dell’aumento dei fenomeni di desertificazione e siccità potrebbe essere l’esodo di intere popolazioni dalle aree tropicali verso il nord del pianeta.
L’aumento delle temperature degli oceani sta causando il progressivo scioglimento dei ghiacciai polari e continentali e l’aumento del livello dei mari, che potrebbe portare nel tempo all’allagamento della costa continentale.
Alcuni scienziati ipotizzano come conseguenza possibile dello scioglimento dei ghiacciai la deviazione della Corrente del Golfo, che potrebbe causare, paradossalmente, a un fenomeno di glaciazione nei territori del nord dell’Europa.
Nell’area geografica del Mediterraneo i cambiamenti nella temperatura si sono associati con modifiche nella piovosità e aumento della frequenza di episodi di siccità, ondate di caldo, trombe d’aria, nubifragi, alluvioni.
In questa zona, infatti, gli effetti dei cambiamenti del clima a livello globale, interagiscono con quelli che derivano da cambiamenti nella circolazione atmosferica a livello euro-atlantico e dal surriscaldamento delle acque del Mar Mediterraneo.
La drastica riduzione delle precipitazioni atmosferiche osservate negli ultimi anni nell’area del Mediterraneo lascia prevedere l’aumento di problematiche legate a siccità, desertificazione, serio impoverimento delle risorse idriche. Che la vita sulla Terra cambi con il clima è un fatto noto da molto tempo. Già Louis Agassiz nel 1840 aveva pubblicato gli Etudes sur les glaciers, in cui presentava la propria teoria sulle glaciazioni, nel 1840.
Ne L’origine della specie Darwin aveva descritto le vaste migrazioni che a suo vedere l’avanzata e il ritirarsi dei ghiacciaci dovevano avere reso necessarie.
Eppure i biologi, fino ad oggi, sono sempre stati molto prudenti nell’affermare che i moderni cambiamenti climatici siano causa di cambiamento per la biodiversità.
La chiara conclusione di meta-analisi statistiche delle risposte delle specie ai cambiamenti climatici porta invece oggi i biologi ad affermare che il riscaldamento globale antropogenico del ventesimo secolo ha già influenzato il biota della terra (IPCC 2001°; Parmesan 2005°,b; Parmesan & Galbraith 2004; Parmesan & Yohe 2003; Penuelas & Filella 2001; Pounds et al. 2005; Root &Hughes 2005: Root et al. 2003; Thomas 2005; Walther et al. 2002. 2005).
Secondo uno studio di Chris Thomas, docente di Biologia della conservazione alla University of Leeds, pubblicato su Nature di gennaio di quest’anno, per effetto dei cambiamenti climatici rischia l’estinzione un quarto di tutte le specie animali e vegetali presenti sul pianeta.
Studi recenti testimoniano che non solo i cambiamenti climatici hanno modificato i comportamenti di molte specie animali, che, soprattutto, hanno cominciato a spostare più a nord le loro migrazioni o a riprodursi in anticipo nella stagione primaverile, ma che hanno cominciato a produrre anche modificazioni del patrimonio genetico e a governare così l’evoluzione.
Fino ad oggi, infatti, tra gli effetti del riscaldamento globale era stato osservato il precoce arrivo della primavera, una maggiore durata delle stagioni e la conseguente alterazione degli schemi stagionali, delle interazioni biotiche degli insetti, degli uccelli, degli anfibi e delle piante e la ridefinizione degli equilibri paesaggistici.
Tali cambiamenti nelle interazioni stagionali si spiegavano interamente come risposte degli individui temperatura-sensibili all’ambiente, ad esempio come espressione di fenotipi plastici, piuttosto che come cambiamenti attuali genetici nelle popolazioni.
Ma studi recenti fanno ipotizzare che i cambiamenti climatici abbiano già cominciato a influenzare l’evoluzione.
I due ricercatori, William E. Bradshaw e Christina M. Holzapfel che da anni studiano la Wyeomyia smithii, una zanzara nord-americana, ne sono convinti: i cambiamenti climatici che si stanno verificando a livello globale hanno già cominciato ad influenzare l’evoluzione.
Il caso della W. Smithii (vedi www.meteogiornale.it/news/read.php?id=14846) rappresenta, infatti, un esempio di un’attuale differenziazione genetica di un tratto stagionale che è coerente con una risposta evolutiva adattiva al riscaldamento globale.
Tale analisi testimonia che non solo i cambiamenti climatici hanno modificato i comportamenti di molte specie animali, che, soprattutto, hanno cominciato a spostare più a nord le loro migrazioni o a riprodursi in anticipo nella stagione primaverile, ma che hanno cominciato a produrre anche modificazioni del patrimonio genetico e a governare così l’evoluzione.
I risultati delle ricerche suggeriscono l’ipotesi che anche altre specie stanno predisponendo analoghe risposte evolutive inerenti cambiamenti negli schemi stagionali e che la composizione di future comunità biotiche sia legata alla abilità delle specie che le costituiscono di adattarsi a cambiamenti nelle interazioni stagionali.
Ma l’aumento della temperatura della superficie terrestre che si sta verificando generalmente in maniera più veloce nel nordest e nel nord America piuttosto che nel sudest sta cominciando a produrre la differenziazione genetica di alcuni tratti stagionali che appiano coerenti con una risposta evolutiva adattiva al riscaldamento globale.
Un team di botanici dell’Università della California ha osservato le variazioni nella fioritura e nella riproduzione di alcune piante annuali, accertando che alcuni cambiamenti si sono radicati nei loro cicli vitali nell’arco di pochissimi anni.
La California è tra le aree che, ad oggi, ha risentito maggiormente del riscaldamento globale.
Coltivando in serra semi di rapa raccolti vicino al campus universitario nel 1997 (due anni prima che iniziasse un severo periodo di siccità durato almeno 5 anni) e semi raccolti nello stesso posto nel 2004, gli scienziati hanno registrato, a parità di condizioni, un anticipo della fioritura da parte delle piante del 1997.
Piante provenienti da entrambe le annate sono state sottoposte a condizioni di crescita differenti simulando condizioni che andavano dall’arido allo straordinariamente piovoso: in tutti i casi le piante provenienti dai semi post-siccità sono fiorite in anticipo.
Ciò ha dimostrato che la “caratteristica” della fioritura anticipata, è diventata una specificità di quella popolazione di piante e non più una semplice reazione temporanea a condizioni ambientali sfavorevoli.
Come per le rape del campus dell’Università della California i cambiamenti climatici in corso potrebbero indurre rapidi cambiamenti evolutivi nelle specie con cicli vitali brevi. Resta difficile prevedere ciò che potrebbe accadere per le specie dai cicli vitali lunghi.
E’ evidente che quando parliamo di cambiamenti climatici dobbiamo prendere in esame numerose possibili cause e le interazioni tra queste, cercando di comprendere il peso di ognuna.
Senza dimenticare che non disponiamo ancora di conoscenze precise sulla densità dei flussi tra oceani, atmosfera e biosfera, che definiscono i cicli biogeochimici dei gas serra, e sulle forzature prodotte dalle nubi sul bilancio energetico della terra, e neanche sugli effetti degli aerosol prodotti dall’uomo sull’albedo del sistema superficie-atmosfera, sui processi di feedback dipendenti da nubi, vapore acqueo, vegetazione, ghiaccio marino.
E resta indispensabile tener conto della natura non-lineare dei processi alla base del clima globale e in generale dei meccanismi di forzatura e retroazione, che possono avere comportamenti spesso imprevedibili e soprattutto verificarsi su scale brevi di tempo.
fonti
Bradshaw, W. E., and Holzapfel, C. M. 2001. Genetic shift in photoperiodic response correlated with global warming. Proc. Nat. Acad Sci. USA. 98:14509-14511 – https://www.uoregon.edu/~mosquito/reprints/bradshaw_pnas2001.pdf
Bradshaw, W.E., Zani, P.A., and Holzapfel, C.M 2004. Adaptation to temperate climates. Evolution 58(8):1748 – 1762 – https://www.uoregon.edu/~mosquito/reprints/bradshaw_evolution2004.pdf
Kolbert E.. Cronache da una catastrofe. Viaggio in un pianeta in pericolo: dal cambiamento climatico alla mutazione delle specie.(2006) Nuovi Mondi Media