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Cannoni antigrandine: valido strumento di difesa o rito propiziatorio?

di Bruno Gabetti
21 Giu 2005 - 14:02
in Senza categoria
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cannoni antigrandine valido strumento di difesa o rito propiziatorio 3397 1 1 - Cannoni antigrandine: valido strumento di difesa o rito propiziatorio?
Se volete sentire dei botti non solo a Capodanno ma anche d’estate, venite nelle Langhe (ma anche in altre zone di Piemonte, Valle d’Aosta, Emilia, ecc.): basta attendere un temporale ed ecco che, appena i nuvoloni neri cominciano ad addensarsi un po’ minacciosamente, sulle colline entra in azione l'”artiglieria”, e molti botti di cannone risuonano a distanza di pochi secondi.

L’effetto coreografico è suggestivo: l’alternarsi dei tuoni e dei botti dei cannoni, a volte, dà l’impressione di una vera e propria battaglia tra bombardieri e contraerea.
Si tratta dei cannoni anti-grandine.
Inventati in Austria nel 1896, questi strumenti si sono, nei decenni successivi, diffusi rapidamente nelle nostre campagne, dove sono tutt’ora ampiamente utilizzati, nonostante l’avvento dell’assicurazione e delle reti di protezione.

Ma come funzionano?
Esistono due tipologie di cannoni anti-grandine: quelli che si propongono lo scopo di frantumare il chicco di grandine già formato mediante onde d’urto acustiche e quelli che, invece, si propongono di prevenire la formazione della grandine sparando in quota dei “fumi” (in genere ioduro d’argento) che dovrebbero favorire la condensazione diffusa di tante piccole gocce d’acqua e, quindi, impedire la formazione dei grossi chicchi.
Non mi risulta che esistano studi scientifici su vasta scala sull’efficacia dei cannoni ma, dagli studi statistici su scala locale, i risultati sembrano essere abbastanza deludenti.

Quanto ai cannoni che emettono solo onde d’urto acustiche, i risultati sembrano particolarmente negativi; la scienza pare essere un po’ più possibilista sull’efficacia della creazione di nuclei di condensazione (e, quindi, anche per prevenire una grandinata in formazione); esperimenti in questo senso sono stati compiuti nelle scorse settimane in Russia, anche se l’obiettivo non era quello di evitare le grandinate, ma di “indurre” e, in un certo senso, “pilotare” una precipitazione piovosa.
Tuttavia, secondo gli esperti, anche questo secondo metodo, in pratica, non funziona in quanto sarebbe efficace se l'”irrigazione” delle nubi avvenisse dall’alto, da mezzi aerei, in modo da “centrare” esattamente la nube, obiettivo difficilmente raggiungibile mediante il lancio di razzi da terra.
Inoltre, poiché questo sistema deve prevenire la formazione dei chicchi, dovrebbe avvenire tempestivamente nei primi istanti di formazione dei chicchi di ghiaccio nella nube potenzialmente grandinigena, e questo è quasi impossibile da osservare e valutare in tempo reale, se non con mezzi radar ad alta risoluzione che, però, dovrebbero essere integrati con mezzi di difesa aviotrasportati.

I cannoni utilizzati nelle Langhe sono, per quanto ne so, tutti del primo tipo (creazione di onde d’urto acustiche in quota, in certi casi fino a 20.000 metri di altezza).
Il loro costo unitario è mediamente di circa 20.000 Euro e la loro efficacia è molta controversa: mentre secondo taluni agricoltori (ed anche vari amministratori locali) sono molto efficaci, secondo altri sono inutili o addirittura dannosi (sposterebbero solo di qualche centinaio di metri la precipitazione, magari proprio sulla vigna del vicino!).

Perché, allora, investire ancora nei cannoni?
La spiegazione a mio parere, va cercata anche oltre la scienza agrometeorologica: mi raccontava sempre mio nonno che, nelle nostre campagne, erano forti gli elementi di superstizione (tra cui le “masche” ovvero specie di spiriti o folletti maligni, ecc.).
In questo contesto, le grandinate erano viste come “dispetto” del demonio o degli spiriti maligni e, quando si avvicinavano i temporali, veniva scaraventata una grossa catena nel cortile per “legare” lo spirito che voleva var grandinare.

Fino a qualche anno fa, qualche vecchietto compiva ancora questo rito.
Forse, è in questo senso che va anche interpretato l’attaccamento ai cannoni: una sorta di tentativo di sparare, cacciare il “nemico” invisibile e spaventoso che vuole danneggiare i vigneti; in questo senso, probabilmente, i fragorosi botti dei cannoni assumono anche un significato quasi rituale.
A conferma del fatto che, in fondo in fondo la parte razionale della maggior parte dei contadini non sia convinta dell’efficacia dei cannoni, sta il fatto che ormai, quasi tutti i viticoltori, nonostante utilizzino anche i cannoni, si siano assicurati contro la grandine.

Continueremo a sentire i botti dei cannoni antigrandine?
Per le ragioni di cui sopra, penso di sì, almeno per un bel po’, e credo lo pensino anche gli amministratori pubblici del Piemonte se, nella recente Deliberazione della Giunta Regionale 2 febbraio 2004, n. 9-11616 (Criteri per la redazione della documentazione di impatto acustico), indicano addirittura al primo punto (!) nell’elenco delle sorgenti di potenziale inquinamento acustico i famigerati cannoni antigrandine, affiancandoli alle macchine industriali ed artigianali: una sorta di convivenza tra vecchio e nuovo, tra rituale magico e spirito imprenditoriale moderno che caratterizza una terra dove tradizione e modernità convivono, dove le serate sulle “masche” si affiancano alla vendita dei vini all’estero tramite internet.

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