E’ ben noto che i fattori climatici possono condizionare la comparsa o la ricomparsa di malattie infettive in determinate aree geografiche in interazione con altri fattori di carattere biologico, socio-economico, ecologico.
Il rapporto “Cambiamenti climatici ed eventi estremi: rischi per la salute in Italia”, risultato di una collaborazione tra l’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) e il Centro Europeo per Salute e Ambiente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, esamina, tra l’altro, i possibili effetti dei cambiamenti climatici sulla diffusione delle malattie infettive, soprattutto di quelle trasmesse da vettori, ritenute più suscettibili ai cambiamenti climatici stessi e in particolare all’aumento della temperatura media.
Il rapporto evidenzia che l’aumento della temperatura media dovuto ai cambiamenti climatici potrebbe:
– contribuire ad ampliare l’area di distribuzione dei vettori indigeni,
– ridurre la durata dei cicli di sviluppo dei vettori indigeni,
– ridurre la durata della riproduzione del patogeno negli artropodi vettori,
– prolungare la stagione idonea alla trasmissione degli agenti patogeni,
– favorire l’importazione e l’adattamento di nuovi artropodi vettori,
– favorire l’importazione e l’adattamento di nuovi agenti patogeni attraverso vettori o serbatoi.
L’Italia, per la sua particolare posizione geografica, che ne fa uno dei paesi più a sud dell’Europa e un ponte ideale tra l’Europa e l’Africa potrà essere particolarmente coinvolta in questo fenomeno e potrebbe assistere, con l’aumento previsto della temperatura media, a un’amplificazione della densità dei vettori delle malattie infettive, come zanzare, zecche, pappatacei e a variazioni significative nella loro distribuzione geografica, che determinerebbe una maggiore diffusione geografica degli agenti patogeni da essi trasportati.
Malaria. La malaria è, una parassitosi trasmessa da insetti (arbovirosi), causata da protozoi del genere Plasmodium, che si manifesta con febbre acuta. Rappresenta la seconda malattia infettiva più grave nel mondo per mortalità e morbilità ed è trasmessa dalle zanzare femmine del genere Anopheles, infettate dal parassita malarico, che fungono da vettori.
In Italia non è più presente già dagli anni quaranta se non sotto forma di alcuni casi importati.
I rari casi autoctoni sono contratti in seguito a trasfusioni, contaminazioni, importazioni di vettori infetti, anche se alcune specie di anofeli, responsabili della sua trasmissione, sono ancora presenti in densità elevate in alcune regione meridionali come Sicilia e Sardegna.
Tuttavia, un caso di malaria autoctona, registrato nel 1997 in Italia ha richiamato l’attenzione sul rischio di ricomparsa della malattia, soprattutto nelle aree “a rischio” rappresentate dal sud e dalle isole, per la presenza di due vettori: Anopheles labranchiae e Anopheles superpictus.
In effetti, l’aumento della temperatura media conseguente ai cambiamenti climatici potrebbe avere effetti sull’ampliamento dell’area di distribuzione dei vettori, anche se la probabilità che un vettore proveniente da zone endemiche possa stabilirsi in Italia resta molto bassa, perché richiederebbe la realizzazione di complicate condizioni ecologiche.
Dengue. La dengue è una malattia trasmessa da insetti (arbovirosi) causata da un virus della famiglia delle Flaviviridae, il virus Dengue, che si manifesta principalmente con febbre acuta, mal di testa frontale, dolori alle articolazioni e ai muscoli. Rappresenta la più grave tra le malattie trasmesse da insetti (arbovirosi) per morbidità e mortalità ed è trasmessa dalla zanzara della specie Aedes aegypti, ma anche da quella della specie Aedes albopictus (la cosiddetta zanzara tigre), che nei suoi paesi d’origine, che vanno dalla Cina meridionale al Sudest asiatico, è incriminata anche della diffusione della febbre gialla e encefalite giapponese.
Fino a quando gli agenti patogeni di cui si parla restano assenti in Italia, il rischio resta comunque soltanto teorico.
In Italia la specie Aedes albopictus ha già raggiunto la sua massima espansione verso nord, raggiungendo le regioni alpine. Potrebbe vedere una riduzione della sua presenza nelle regioni meridionali se l’aumento della temperatura derivante dai cambiamenti climatici non fosse accompagnato da abbondanti precipitazioni durante i mesi più caldi.
La specie Aedes aegypti, invece, che meglio si adatta Ae. Albopictus agli ambienti aridi, potrebbe ricomparire, con l’aumento della temperatura media, nei paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, compresa l’Italia.
Leishmaniosi. La Leishmaniosi è una parassitosi è una malattia trasmessa da insetti (arbovirosi), causata da protozoi del genere Leishmania, che si manifesta con un ampio stretto di sindromi, sistemiche e localizzate. Rappresenta una malattia ancora oggi endemica in Italia in due forme epidemiologiche e cliniche diverse: leishmaniosi viscerale zoonotica e leishmaniosi cutanea sporadica. In Italia è trasmessa principalmente da ditteri ematofagi (pappataci) del genere Phlebotomus, che crescono in luoghi umidi e ombreggiati, occupati da detriti organici, come foglie del sottobosco, tane di piccoli mammiferi, letame, cumuli di pietre, fessure di muretti a secco.
Si tratta di una malattia maggiormente diffusa nelle aree rurali e perturbane, presente lungo la costa tirrenica, la costa del basso Adriatico e delle isole.
L’aumento di temperatura dovuto ai cambiamenti climatici potrebbe favorire la diffusione della Leishmaniosi umana e dei suoi vettori nei territori dell’Italia settentrionale ed accrescere l’incidenza della malattia nei territori ove già è presente.
La febbre bottonosa. La rickettsiosi o febbre bottonosa del Mediterraneo è una malattia infettiva acuta causata da un germe, la Rickettsia conori, e trasmessa principalmente dalla zecca Rhipicephalus sanguineus appartenente alla famiglia degli Ixodidae, parassita abituale del cane e di altri animali domestici e selvatici come conigli e lepri, ma anche ovini, caprini e bovini.
La malattia si manifesta con febbre, cefalea, malessere generale, vasculite periferica e spesso una tipica eruzione esantematica a carico del tronco e degli arti.
La febbre bottonosa è presente in tutto il continente africano, in India e in alcune aree dell’Europa e del Medio Oriente affacciate sul mar Mediterraneo, sul mar Nero, sul mar Caspio.
La malattia è endemica in Italia, fatta eccezione nella Valle d’Aosta. Le regioni con una maggiore incidenza sono il Lazio, la Sardegna e la Sicilia.
Nel caso di R. sanguineus e della febbre bottonosa trasmessa, un clima più caldo potrebbe, teoricamente, aumentare l’incidenza della rickettsiosi nei focolai endemici e favorire la sua diffusione in nuove aree, ampliando la densità della popolazione vettore.
Nelle città e negli ambienti domestici negli ultimi decenni si è già osservato un aumento della presenza delle zecche, in conseguenza di una serie di fattori, tra cui si individua l’eccessiva urbanizzazione e la diffusione dell’abitudine di tenere animali domestici in casa.
Gli Ixodida sono un sottordine di Acarina che comprende due famiglie di zecche: Ixodidae o “zecche dure” e Argasidae o “zecche molli”.
Le zecche sono vettori di una grande varietà di agenti patogeni sia per il bestiame sia per l’uomo.
In Italia, le zecche di notevole importanza medica sono due: la zecca del cane (Rhipicephalus sanguineus) e la zecca dei boschi (Ixodes ricinus), la cosiddetta zecca della pecora, che popola zone di sottobosco umido e di prati erbosi di gran parte dell’Europa. Rhipicephalus sanguineus è ubiquitaria, presente in tutte le zone calde-temperate del mondo e ampiamente diffusa sul territorio italiano.
La zecca del cane trasmette principalmente, oltre alla rickettsiosi, o febbre bottonosa, la piroplasmosi, una parassitosi che distrugge i globuli rossi e si manifesta con ittero, febbre, emoglobinuria.
Sono stati registrati solo rarissimi casi di piroplasmosi nell’uomo nell’Europa Settentrionale e nel nord-est degli Stati Uniti.
La zecca dei boschi trasmette principalmente encefalite da zecche, febbre Q, tularemia e malattia di Lyme.
In Italia è vettore del virus TBE, agente della encefalite trasmessa dalla zecca e della Borrelia burgdorferi s.l., agente della malattia di Lyme.
I focolai dell’encefalite da zecca sono presenti principalmente in Veneto, Toscana e Trentino (Verani et al., 1995; Ciufolini et al., 1999).
Malattia di Lyme. La malattia di Lyme (borreliosi) è una malattia provocata da un batterio spiraliforme, la Borrelia burgdorferi, che infesta le zecche, le quali possono trasmetterlo all’uomo e agli animali. Si manifesta, in genere, con un eritema cutaneo (noto come eritema cronico migrante) associato a febbre, mal di testa, rigidità del collo, dolori muscolari, spossatezza.
I luoghi nei quali è più facile contrarla sono le zone boscose e ricche di cervi, dal momento che queste rappresentano l’habitat ideale per le zecche.
In Italia la malattia è endemica del Carso, del Trentino e della Liguria.
Casi sporadici di malattia di Lyme sono stati riportati in varie regioni italiane, ma i centri endemici di borreliosi sono situati specialmente in Veneto, Friuli e Trentino.
L’incremento medio della temperatura potrebbe avere un impatto differente sui due principali vettori ixodidi e sull’ampiezza degli agenti patogeni trasmessi. E’ ben noto che la diffusione delle zecche nelle nostre città e in ambienti domestici è aumentata negli ultimi decenni, in ogni caso, come conseguenza di diversi fattori, quali l’urbanizzazione incontrollata e l’incremento dell’abitudine di tenere animali domestici in casa.
Nel caso di I. ricinus, il vettore della TBE e della malattia di Lyme, il solo aumento della temperatura atmosferica media potrebbe rappresentare anche in Italia un fattore sfavorevole. Infatti, mentre nei paesi dell’Italia settentrionale un clima più mite potrebbe ampliare le popolazioni del vettore ed allungare la stagione favorevole alla trasmissione di agenti patogeni, nei paesi più caldi potrebbe di conseguenza limitare le zone già circoscritte di endemicità e ridurre la presenza e la densità del vettore nelle regioni più meridionali.
Dirofilariasi. La Dirofilariasi (o filariasi) è una malattia provocata da parassiti del genere Dirofilaria, Dirofilaria immitis e Dirofilaria repens, che colpiscono cani, gatti, furetti.
Gli adulti di Dirofilaria immitis si localizzano nelle arterie polmonari o nelle camere cardiache destre e nella vena cava caudale.
Gli adulti di Dirofilaria repens si localizzano a livello sottocutaneo. L’infestazione da Dirofilaria immitis è delle due la più grave e si manifesta principalmente con tosse, stanchezza, dimagrimento eccessivo, edema polomonare, insfficienza cardiaca.
Vettore principale della Dirofilaria è la specie Aedes albopictus (la cosiddetta zanzara tigre).
A oggi sono stati registrati in Italia rari casi di Dirofilariasi Umana in aree rurali.
Nel 1996 sono stati descritti quattro casi di Dirofilariasi Umana in Sardegna, di cui 3 sottocutanei e 1 sottocongiuntivale. I pazienti erano in 3 casi maschi e in un caso femmina. Il parassita era in tutti i casi una femmina. Dalla revisione della letteratura sull’argomento solo altri tre casi sarebbero stati segnalati in Sardegna, ma, considerata la diffusa presenza dell’agente causale nel reservoir abituale (il cane) sia delle specie di Culicidi possibili vettori per l’uomo, è ipotizzabile che casi di Dirofilariasi nell’uomo siano più frequenti di quelli diagnosticati o pubblicati in letteratura (S. Padiglione, G. Bortoletti, M. Fossarello, A. Maccioni. Dirofilariasi umana in Sardegna: 4 nuovi casi. Revisione dei casi pubblicati. Patologica. Fascicolo 88/6 Anno 1996).
Il rischio di una maggiore diffusione della Dirofilariasi connesso con i cambiamenti climatici e con il conseguente aumento di temperatura è legato principalmente alla probabile crescita della diffusione del vettore costituito dalla zanzara tigre.
La febbre del Nilo occidentale. Si tratta di una malattia provocata da un virus del genere Flavivirus (di cui fanno parte anche il virus della febbre gialla, dell’encefalite di Saint-Louis e dell’encefalite giapponese), che colpisce principiamene gli uccelli, i cavalli e l’uomo.
Alcuni casi umani di febbre, legati al virus del Nilo occidentale, sono stati riscontrati in Africa, Medio Oriente, India, Europa e, più recentemente, negli Stati Uniti, dove la prima epidemia è stata dichiarata a New York nel 1999.
La febbre del Nilo occidentale si manifesta con una febbre moderata, malessere generalizzato, anoressia, nausea, emesi, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, dolori muscolari, tosse, diarrea, difficoltà respiratorie, linfadenopatia, eruzioni cutanee. Può presentare anche altre complicanze, molto rare, come meningite, encefalite.
Il principale vettore di questa malattia è rappresentato dalle zanzare del genere Culex. Tutti i fattori che favoriscono la proliferazione di queste zanzare, quindi, tra cui precipitazioni abbondanti, inondazioni, irrigazioni, temperature elevate, portano a un aumento della diffusione della malattia.
Un ruolo significativo nella propagazione della febbre del Nilo è giocato dagli uccelli che migrando trasportano il virus dall’Africa a zone geografiche più temperate. Le zanzare che pungono gli uccelli migratori infetti, si infettano a loro volta e trasmettono il contagio agli animali e agli uomini che pungono in seguito.
E’ evidente che un aumento della temperatura media può alimentare la proliferazione dei vettori di questa malattia, ma anche modificare la sua distribuzione geografica, modificano le rotte degli uccelli migratori.
Il rischio si presenta elevato per l’Italia e soprattutto per le aree geografiche più umide.
Phlebovirus Toscana. Questo virus prende il nome dalla regione italiana in cui per la prima volta è stato isolato e nell’uomo provoca meningite e meningoencefalite. Sono i flebotomi gli insetti vettori del virus, in particolare quelli appartenenti alle specie Phlebotomus perniciosus e Phlebotomus perfiliewi, Dal 1978 a oggi sono stati osservati circa mille casi di Phlebovirus Toscana in almeno cinque regioni italiane.
Si è potuto accertare che in alcune aree endemiche essi rappresentano circa la metà dei casi di malattia acuta del sistema nervoso centrale cosiddetti “ad eziologia sconosciuta” che si verificano durante i mesi estivi.
Il virus è endemico in Italia, soprattutto nella Toscana e nelle Marche.
I cambiamenti climatici potrebbero indurre un aumento degli insetti vettori del virus e uno spostamento di questi in altre aree geografiche, richiedendo interventi più efficaci sulle larve dei flebotomi.
Si vede come un compito importante della Sanità pubblica oggi è quello di occuparsi delle conseguenze che i cambiamenti climatici possono avere sulla salute umana e di mettere in atto interventi efficaci di mitigazione e di adattamento, volti a ridurre le cause ma anche a limitare gli impatti.
Non si può sfuggire, in questo senso, alla necessità di integrare le politiche sanitarie con quelle energetiche, produttive e di tutela ambientale e del territorio.
Problemi complessi richiedono, infatti, soluzioni complesse.
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