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Biellese: la catastrofica alluvione del novembre 1968. La morfologia del territorio e l'occupazione dei torrenti

di Angelo Giovi
15 Nov 2006 - 12:10
in Senza categoria
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biellese:-la-catastrofica-alluvione-del-novembre-1968.-la-morfologia-del-territorio-e-l'occupazione-dei-torrenti
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Venerdì primo Novembre 1968 sul Nord Ovest caddero le prime piogge con intensità oraria attorno ai 10mm. Le piogge protratte per circa 12 ore alimentarono i bacini idrografici inzuppando un terreno già impregnato dalle piogge dei giorni precedenti. Sarebbe bastato un allerta emesso dalle prefetture per evitare una sciagura, ma all’epoca non esisteva alcun coordinamento tra comuni, provincia e regioni; non si dava ancora alcun rilievo ai bollettini meteorologici e, in una Italia ancora bacchettona e conservatrice, “Che tempo fa” suscitava la stessa curiosità e credibilità folcloristica che si riservava agli oroscopi.

Quel primo giorno di piogge intense portò accumuli di: 31,4 mm ad Oropa; 26,0 a Tollegno in alta Valle Cervo e 38,8 a Trivero, a metà strada tra la Valle Strona di Mosso e la Valle Sessera e, fu proprio qua nei territori di Trivero e di Mosso, che si ammassarono maggiormente i cumuli-nembi a fortissimo sviluppo verticale.

Per chi non conosce la morfologia della zona, Trivero e Mosso sorgono sulle alture delle colline biellesi, ai piedi di una catena montuosa disposta da NE verso SW che funge da barriera naturale alle correnti da Sud, da Sud-Est e da Est, favorendo il sollevamento delle stesse masse d’aria che, raffreddandosi in quota, scaricano enormi quantità di piogge sulle valli sottostanti.
Per quanto riguarda la geologia della zona, le colline in questione sono formate da formazioni granitiche fortemente modificate nella struttura dagli agenti atmosferici. Tutta la fascia alto-collinare che va da Biella fino a Borgosesia è coperta da enormi ed instabili croste di sabbie granitico-silicee che poggiano su di un basamento di porfidi granitici-quarziferi duri ed impermeabili.

In passato queste sabbie erano coperte da fittissimi boschi di castagno e faggio.

immagine 1 del capitolo 3 del reportage biellese la catastrofica alluvione del novembre 1968 Una fabbrica invasa dalle acque. Fonte telegiornale dell’epoca.

Quando ai primi dell’Ottocento, in Gran Bretagna scoppiò la rivoluzione industriale, genti che fino all’ora erano dedite alla pastorizia, impiantarono nel Biellese i primi opifici per la lavorazione della lana. Corrente elettrica e motori a scoppio o Diesel erano ancora in la da venire. La forza motrice all’epoca, la si ricavava dalle acque di fiumi e torrenti, fu così che in tutte le valli del Biellese -ricchissimo di precipitazioni ed acque correnti- si insediarono migliaia di piccoli e medi opifici tessili. Con l’avvento della rivoluzione industriale, il Biellese diventò polo di attrazione per povere genti provenienti da tutto il Piemonte, Lombardia e Liguria in un primo tempo, poi dal Veneto e dal Sud Italia. Nel giro di pochi decenni, piccolissimi villaggi di pastori divennero vere e proprie cittadine. Trivero, un comune collinare che sorge tra i 500 ed i 1000 metri d’altitudine, nei primi anni ’60 passò da poche centinaia di abitanti a quasi 10.000 residenti. Per far spazio a fabbriche e case non si indugiò a costruire ovunque vi fosse una piccolissima nicchia libera. Gli alvei dei torrenti, a fortissima attitudine alluvionale, furono invasi da manifatture e magazzini. Sulle ripidissime colline, disboscate dai pastori, sorsero nuovissimi centri abitati. Nessuno si era preoccupato delle conseguenze di tale cementificazione selvaggia.

L’alluvione del novembre 1968 trovò dunque nel Biellese, tutte le condizioni ideali per diventare un evento catastrofico: la disposizione dei forti venti da Sud, aria fredda in quota, terreni spogli, impoveriti e zuppi di acqua, manifatture e case costruite negli alvei di fiumi o ai piedi di scoscesi pendii disboscati.

Una sola fortuna: il disastro si consumò, in pieno “boom” economico, tra il Sabato e la Domenica… da poco tempo i sindacati dei lavoratori italiani avevano ottenuto il riposo lavorativo al Sabato, oltre che alla Domenica: una autentica fortuna per le valli Biellesi, riccamente disseminate di manifatture della lana. In caso contrario i morti si sarebbero dovuti contare a decine di migliaia.
Una sola persona morì sul proprio posto di lavoro: si trattava di una guardia giurata che di notte sorvegliava uno stabilimento tessile di Vallemosso… non fece in tempo a fuggire dalla fabbrica inondata dalla piena del torrente Strona: il suo corpo venne ritrovato nel fango molto più a valle.

Nel prossimo capitolo ci addentreremo nella cronaca del 2 novembre, quando a Trivero caddero 395 mm di pioggia!

Cerca per tag: meteo clima

Pubblicato da Angelo Giovi

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Venerdì primo Novembre 1968 sul Nord Ovest caddero le prime piogge con intensità oraria attorno ai 10mm. Le piogge protratte per circa 12 ore alimentarono i bacini idrografici inzuppando un terreno già impregnato dalle piogge dei giorni precedenti. Sarebbe bastato un allerta emesso dalle prefetture per evitare una sciagura, ma all’epoca non esisteva alcun coordinamento tra comuni, provincia e regioni; non si dava ancora alcun rilievo ai bollettini meteorologici e, in una Italia ancora bacchettona e conservatrice, “Che tempo fa” suscitava la stessa curiosità e credibilità folcloristica che si riservava agli oroscopi. Quel primo giorno di piogge intense portò accumuli di: 31,4 mm ad Oropa; 26,0 a Tollegno in alta Valle Cervo e 38,8 a Trivero, a metà strada tra la Valle Strona di Mosso e la Valle Sessera e, fu proprio qua nei territori di Trivero e di Mosso, che si ammassarono maggiormente i cumuli-nembi a fortissimo sviluppo verticale. Per chi non conosce la morfologia della zona, Trivero e Mosso sorgono sulle alture delle colline biellesi, ai piedi di una catena montuosa disposta da NE verso SW che funge da barriera naturale alle correnti da Sud, da Sud-Est e da Est, favorendo il sollevamento delle stesse masse d’aria che, raffreddandosi in quota, scaricano enormi quantità di piogge sulle valli sottostanti.Per quanto riguarda la geologia della zona, le colline in questione sono formate da formazioni granitiche fortemente modificate nella struttura dagli agenti atmosferici. Tutta la fascia alto-collinare che va da Biella fino a Borgosesia è coperta da enormi ed instabili croste di sabbie granitico-silicee che poggiano su di un basamento di porfidi granitici-quarziferi duri ed impermeabili. In passato queste sabbie erano coperte da fittissimi boschi di castagno e faggio. Una fabbrica invasa dalle acque. Fonte telegiornale dell’epoca. Quando ai primi dell’Ottocento, in Gran Bretagna scoppiò la rivoluzione industriale, genti che fino all’ora erano dedite alla pastorizia, impiantarono nel Biellese i primi opifici per la lavorazione della lana. Corrente elettrica e motori a scoppio o Diesel erano ancora in la da venire. La forza motrice all’epoca, la si ricavava dalle acque di fiumi e torrenti, fu così che in tutte le valli del Biellese -ricchissimo di precipitazioni ed acque correnti- si insediarono migliaia di piccoli e medi opifici tessili. Con l’avvento della rivoluzione industriale, il Biellese diventò polo di attrazione per povere genti provenienti da tutto il Piemonte, Lombardia e Liguria in un primo tempo, poi dal Veneto e dal Sud Italia. Nel giro di pochi decenni, piccolissimi villaggi di pastori divennero vere e proprie cittadine. Trivero, un comune collinare che sorge tra i 500 ed i 1000 metri d’altitudine, nei primi anni ’60 passò da poche centinaia di abitanti a quasi 10.000 residenti. Per far spazio a fabbriche e case non si indugiò a costruire ovunque vi fosse una piccolissima nicchia libera. Gli alvei dei torrenti, a fortissima attitudine alluvionale, furono invasi da manifatture e magazzini. Sulle ripidissime colline, disboscate dai pastori, sorsero nuovissimi centri abitati. Nessuno si era preoccupato delle conseguenze di tale cementificazione selvaggia. L’alluvione del novembre 1968 trovò dunque nel Biellese, tutte le condizioni ideali per diventare un evento catastrofico: la disposizione dei forti venti da Sud, aria fredda in quota, terreni spogli, impoveriti e zuppi di acqua, manifatture e case costruite negli alvei di fiumi o ai piedi di scoscesi pendii disboscati. Una sola fortuna: il disastro si consumò, in pieno “boom” economico, tra il Sabato e la Domenica… da poco tempo i sindacati dei lavoratori italiani avevano ottenuto il riposo lavorativo al Sabato, oltre che alla Domenica: una autentica fortuna per le valli Biellesi, riccamente disseminate di manifatture della lana. In caso contrario i morti si sarebbero dovuti contare a decine di migliaia.Una sola persona morì sul proprio posto di lavoro: si trattava di una guardia giurata che di notte sorvegliava uno stabilimento tessile di Vallemosso… non fece in tempo a fuggire dalla fabbrica inondata dalla piena del torrente Strona: il suo corpo venne ritrovato nel fango molto più a valle. Nel prossimo capitolo ci addentreremo nella cronaca del 2 novembre, quando a Trivero caddero 395 mm di pioggia! Cerca per tag: meteo clima Pubblicato da Angelo Giovi Inizio Pagina

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