Ci stiamo avvicinando spediti alla conclusione d’ottobre e a quel punto la stagione autunnale avrà superato metà percorso. Un percorso inizialmente in discesa, seppur non eclatante sotto l’aspetto pluviometrico, un percorso che aveva consentito un cambio di scenario repentino tale da sovvertire in men che non si dica la rovente estate 2017.
Poi è venuto ottobre… fin da subito v’erano state indicazioni poco incoraggianti: alcune proiezioni climatiche, in particolare quelle europee, suggerivano un mese secco e piuttosto mite. Proiezioni che, al momento, c’hanno preso in pieno e che lasciano pochi margini di manovra anche per il futuro. Se guardiamo all’orizzonte non c’è di che gioire: altri trend stagionali, addirittura spingendosi in inverno, propongono lo stesso menù ovvero un Mediterraneo alle prese con poche piogge e siccità persistente.
Qual è il rischio, a questo punto? Memori degli anni passati, o perché no, degli ultimi decenni, c’è il rischio di estremi climatici improvvisi. Sbalzi termici, come avverrà ad esempio nei prossimi giorni (veniamo da un po’ di caldo, affluirà aria fredda, poi tornerà il caldo), potrebbero metterci a dura prova. Se dovessimo, ad esempio, assistere alle prime incisive incursioni d’aria fredda in un mare estremamente mite, ecco che potrebbero crearsi le condizioni favorevoli alla nascita di pericolosi vortici di Bassa Pressione. Gli esempi del passato, in tal senso, insegnano.
C’è la possibilità che piova troppo e male, in pochissimo tempo. C’è la possibilità che arrivi subito il freddo, per poi lasciarci. E c’è la possibilità che il caldo anomalo, al quale siamo abituati, prosegua anche nell’ultima parte d’autunno. Ovviamente la speranza è che ciò non avvenga, altrimenti saranno veramente dolori… servirebbe un po’ di normalità, ma qual è la normalità degli ultimi decenni? A voi la risposta.