Sappiamo oramai tutti che il Sole presenta dei minimi e dei massimi ciclici della propria attività di grande Centrale Nucleare.
Durante i massimi di attività, oltre al numero elevato di flare (brillamenti : esplosioni nella fotosfera solare, prima causa delle Aurore Boreali ed Australi), si osserva, come oramai tutti sanno, un elevato numero di macchie solari, zone della superficie del Sole che hanno una temperatura più bassa di circa 1000° K rispetto alle zone circostanti.
Questo fatto le fa apparire più scure alla visuale, per il contrasto termico.
Il ciclo delle macchie solari è conosciuto dalla metà dell’800, quando si notò che esse si presentavano periodicamente con una massima intensità ogni 11 anni circa (anche se la durata è un poco variabile, si va tra i 10 ed i 12 anni).
Controversa è comunque l’interpretazione di tale ciclo, ai fini climatici.
E’ scontato che la radiazione solare presenti delle oscillazioni, in minime percentuali, nel corso di tali cicli undecennali.
Tuttavia ancora poco si conosce sulla reale influenza di tali oscillazioni sul clima terrestre.
Alcuni anni fa scienziati danesi affermarono che, più che i massimi solari, ad influenzare il clima terrestre era la durata dei periodi di attività minima del Sole: più la nostra Stella ritardava nell’inizio di un nuovo ciclo, più la temperatura terrestre diminuiva, ma anche questi risultati sono stati messi in discussione.
Un’altra teoria, riallaccia il recente aumento della temperatura terrestre, alla presenza di un periodo di forte attività solare, considerando che il Sole non è mai stato così attivo come negli ultimi 50 anni (con un numero altissimo di macchie per ogni ciclo).
Questa teoria negherebbe l’influenza della CO2 sul riscaldamento globale, attribuendo tale evento ad un’attività solare ai suoi massimi livelli.
Oscillazioni di lunga durata nel ciclo delle macchie, con periodicità di oltre 200 anni, farebbe addirittura prevedere una diminuzione dell’attività solare nei prossimi decenni, con un abbassamento della temperatura terrestre, ma anche questa teoria è in forte discussione (se non altro perché la previsione di un ciclo è estremamente difficile).
Sappiamo comunque che, in passato, periodi di attività solare praticamente ridotta a zero sono stati associati a periodi di grande freddo sul nostro Pianeta.
Nella seconda metà del ‘600 non vennero praticamente osservate macchie solari sulla superficie solare: fu il famoso “minimo di Maunder”, probabile causa principale del Grande Freddo osservato durante quegli anni (nel XVII Secolo il Tamigi, a Londra, gelava mediamente una volta ogni 7-8 anni).
Più indietro, agli inizi del ‘400, un secondo minimo solare, detto di “Spoerer”, provocò una serie di lunghi inverni rigidi in campo europeo.
Passando al prossimo ciclo, le previsioni sono abbastanza contraddittorie.
Come visibile dal grafico in allegato, vi sono due previsioni contrastanti: una di esse farebbe sì che il ciclo 24 potrebbe raggiungere uno dei massimi di sempre, tra quelli osservati, con un picco nel 2012, mentre la seconda previsione porrebbe un ciclo piuttosto debole, nettamente inferiore al precedente, con massimo più spostato in avanti, tra il 2012 ed il 2013.
Solitamente si ritiene che il ciclo possa evolversi in modo intermedio tra le due previsioni, quindi sia paragonabile al ciclo 23, anche se tale previsione si presenta comunque molto incerta.
Non resta che restare ad osservare, anche per percepire gli eventuali cambiamenti nel clima terrestre, raffrontabili con l’evoluzione di tale ciclo.