A scopo introduttivo prendiamo brevemente in esame la relazione tra l’oceano Artico (o mare Glaciale Artico) ed il Nord Atlantico e le periodiche anomalie che si riscontrano in quest’ultimo. Di fatto lo stretto di Fram, fra la Groenlandia e le Svalbard, rappresenta l’unico collegamento tra le acque profonde dell’oceano Artico e quelle dell’Atlantico. Le caratteristiche di temperatura e salinità (meglio detta alinità) dei due oceani sono molto diverse. L’Artico ha una minore salinità dovuta all’apporto di acque dolci dai fiumi, alla scarsa evaporazione ed al parziale isolamento da altri mari. Si tenga inoltre presente come i ghiacci che si formano per congelamento di acqua marina sono “dolci”, non contengono cioè i sali disciolti nella fase liquida. Si capirà, quindi, che per la modalità con cui si formano i ghiacci marini la salinità dello strato d’acqua sottostante aumenta. La dinamica degli scambi tra i due oceani, peraltro molto complessa, può così comportare effetti significativi.
Fluttuazioni si riscontrano con una periodicità di 50-80 anni e riguardano prevalentemente i primi 3000 metri delle acque del Nord Atlantico. Le condizioni di temperatura e salinità dei primi 0-300 metri hanno un andamento opposto a quello che si verifica nello strato più profondo, compreso tra 1000 e 3000 metri, in buon accordo con quanto previsto dalle conoscenze sulla circolazione termoalina.
L’oscillazione consiste in prolungati periodi di riscaldamento e salinizzazione in uno dei due strati accompagnato da condizioni opposte (raffreddamento e desalinizzazione) nell’altro.
Si tenga però conto che si tratta di anomalie mediate su scala almeno decennale mentre soprattutto per lo strato superficiale l’andamento su scale temporali ridotte è inficiato da numerosi altri fattori che ne complicano la lettura in funzione di un’oscillazione pruridecennale.
Per una trattazione più generale della AMO vi rimando all’articolo che trovate a questo link: https://clima.meteogiornale.it/Portal/index.php?option=com_content&task=view&id=65&Itemid=55
Passiamo quindi a spiegare come, secondo gli autori, attraverso l’interazione oceano-atmosfera-ghiacci artici, il Nord Atlantico svolga un ruolo chiave nel ciclo AMO che comporta variazioni climatiche a livello emisferico e globale.
Le caratteristiche del ciclo, per come si manifesta, richiedono la necessarietà di due elementi: un feedback negativo responsabile del passaggio del sistema da un estremo a quello opposto ed una “memoria”, grazie alla quale il sistema, per effetto del feedback, non salti quasi istantaneamente da uno stato all’altro ma produca l’oscillazione osservata.
Il meccanismo, graficamente rappresentato nel diagramma allegato, può essere riassunto come segue.
Si parte (per convenzione) con un incremento della circolazione termoalina (THC) che produce un’anomalia positiva delle temperature superficiali (SST) sul Nord Atlantico. La risposta dell’atmosfera si manifesta con un’anomalia di pressione al suolo (SLP) che oltre a collocarsi sulle SSTs si propaga verso Est, verso l’Eurasia. L’impulso iniziale si propaga anche verso l’oceano Pacifico, inizialmente a latitudini tropicali.
Successivamente, attraverso teleconnessioni atmosferiche si trasmette nella fascia più settentrionale dove produce l’indebolimento della depressione delle Aleutine e associate anomalie positive nella temperatura superficiale che si estendono verso Est a partire dalle coste orientali dell’Asia.
Quindi, tramite meccanismi di feedback locale, le anomalie instauratesi raggiungeranno valori massimi nel giro di 10-15 anni e a questo punto la disposizione barica al suolo sarà tale che i gradienti maggiori, e quindi i forti venti, si disporranno sullo Stretto di Fram incrementando in modo significativo il passaggio dall’oceano Artico al Nord Atlantico di ghiacci marini e acqua dolce (FSSIE).
Come risultato si avrà un graduale indebolimento della circolazione termoalina (10-20 anni) che porterà il sistema nello stato opposto a quello da cui siamo partiti.
Quindi, in base al meccanimsmo proposto, la “memoria” della AMO è di natura eterogenea e deriva da differenti processi che complessivamente arrivano a circa 30-35 anni, la metà di un ciclo completo dell’oscillazione. Lo schema generale ha molto in comune con quanto proposto da precedenti studi. L’aspetto che lo caratterizza e differenzia risiede nei processi fisici determinanti il forcing sulla circolazione termoalina.
Gli stessi autori fanno notare come questo meccanismo sia sufficiente a spiegare la cosiddetta Grande Anomalia Salina del Nord Atlantico che sarebbe così parte del ciclo descritto. Ci si riferisce alla diminuzione di salinità che sul finire degli anni sessanta provocò un’attenuazione della circolazione termoalina con ripercussioni climatiche a seguire nell’Europa settentrionale ed occidentale.
Tale anomalia è stata da precedenti studi attribuita ad un incremento del flusso di acqua dolce dall’oceano Artico che può essere spiegato con il pattern barico proposto nel ruolo di forzante.
Anche l’evoluzione spazio-temporale sembra essere coerente. Le ripercussioni sull’Atlantico tropicale si registrarono nel 1974-75 e successivamente nel Nord Pacifico a partire dal 1976-77 con diversi studi che ne sostengono un’origine tropicale. Tuttavia questo non esclude che vi siano altri meccanismi nella circolazione atmosferica delle medio-alte latitudini attraverso i quali questi segnali della AMO si propagano dall’Atlantico al Pacifico. Le anomalie bariche sul Pacifico settentrionale agirebbero poi da amplificatore del segnale sommandosi gradualmente a quelle sull’Atlantico nel generare lo schema barico individuato nel ruolo di forzante per l’innesco del feedback negativo.
Venendo quindi ad un utilizzo previsionale di quanto sin qui esposto e partendo dal minimo di flusso dallo Stretto di Fram registrato nel 2000 possiamo supporre un incremento nella circolazione termoalina nel periodo 2010-2015. Il che si traduce nell’aspettativa di anomalie termiche positive per i decenni a venire su Nord Europa e Nord America.
Semmai ve ne fosse bisogno, ricordiamo che questa, con tutti i suoi limiti, non rappresenta una previsione meteorologica e non può quindi leggersi in tale ottica. L’individuazione e poi una sempre migliore comprensione dei cicli come la AMO rappresentano solo il primo passo. Si tratta di strumenti conoscitivi delle modalità con cui si esplica la variabilità climatica nel tempo, in grado di ridurre la complessità con la quale quest’ultima si manifesta.
Bibliografia:
Dima M,Lohmann G (2007) A Hemispheric Mechanism for the Atlantic Multidecadal Oscillation. Journal of Climate 20(11): 2706
Bhatt US, Simmons HL, Polyakov IV, Walsh D, Walsh JE,Zhang X (2005) Multidecadal Variability of North Atlantic Temperature and Salinity during the Twentieth Century. Journal of Climate 18(21): 4562