Ecco cosa sostiene il Dr. Gian Vito Graziano nell’intervista rilasciata al sito dell’ Agenzia Parlamentare. “Al di là della fragilità atavica del nostro territorio – spiega Graziano -, c’è il problema che nel tempo l’uomo ha continuato a urbanizzare, costruire e consumare suolo. Questo ha fatto sì che diminuisse la capacità del terreno di assorbire l’acqua, con la conseguenza che i fiumi, già saccheggiati e violentati, non riescono a smaltire questa quantità eccessiva di carico. Bisogna riconcepire le nostre città in modo diverso, perché i modelli con i quali ci confrontiamo oggi non sono più adatti”.
“Una classe politica illuminata dovrebbe capire che il territorio è la più grande infrastruttura che possediamo. E oggi cosa fa il governo per questa infrastruttura? Nulla. Ad esempio non possiamo avere ancora una legge urbanistica del 1942, con una concezione vecchia e ormai superata. Anche le leggi regionali sull’urbanistica, seppure aggiornate, sono rimaste ferme agli anni ’70-’80. Serve una nuova legge di governo del territorio, un’azione di mitigazione del rischio idrogeologico. Mettere in campo azioni significa cominciare a fare un piano di manutenzione che abbia come primo obiettivo le aree metropolitane che sono quelle più a rischio. Ma di tutto questo non c’è assolutamente nulla, abbiamo solo una legge che impone alle regioni di fare i Pai, i piani di assetto idrogeologici, ma quella non è un’azione di governo”.
Non è possibile individuare in termini assoluti le zone più a rischio, “ma di certo in generale, lo sono tutte quelle più urbanizzate – conclude il presidente dei geologi -. E poi, per la conformazione del territorio, la Liguria, ma anche la Sicilia, si pensi a zone come Messina. Il problema non è solo legato al fatto che le città sono state concepite in maniera selvaggia, ma anche che non si è posta nessuna azione di rimedio. Se oggi ci fossero a ogni costruzione delle misure compensative del consumo di suolo, come ad esempio un sistema di raccolta delle acque, già sarebbe un primo passo, ma non esiste una legge che lo imponga”.
E’ palese la carenza di mezzi normativi che consentano di scongiurare tragedie come quelle che si sono verificate recentemente. In un articolo di qualche giorno fa, abbiamo catalogato le alluvioni dell’ultimo decennio ed è emerso un preoccupante incremento degli episodi dal 2008 in poi. Viene da chiedersi quanto ancora si dovrà attendere prima che una riforma normativa efficace ci consenta di dormire sonni un po’ meno agitati.