Scatta in tutto il Mondo la “psciosi radioattiva”: non poteva essere altrimenti dopo i seri danni subiti dalla centrale nucleare di Fukushima, a seguito del devastante tsunami scatenato dal terremoto dello scorso 11 marzo. A distanza di ormai una settimana, si lavora ancora per cercare di riattivare le pompe di raffreddamento dell’impianto nucleare. Nel frattempo, l’aria circostante è stata contaminata dalle radiazioni che, trasportate dalle correnti atmosferiche, fanno temere gravi conseguenze in tutto il Mondo.
Nonostante i rischi trascurabili, non deve sorprendere come in molti paesi del Mondo, compresa l’Italia, si proceda a monitorare i livelli di radioattività nell’aria. D’altronde, seppure in minime concentrazioni, alcuni elementi radioattivi (fra cui il radon) fanno parte della composizione dell’aria che respiriamo, senza il benché minimo rischio per la salute.
In molti si chiedono però, anche tramite una serie di tam-tam che girano sul web, se la nube radioattiva, collegata all’incidente nucleare in Giappone, potrà mai lambire il territorio italiano. In questo senso possiamo stare vivamente tranquilli: le correnti atmosferiche dominanti in Giappone sono le stesse che caratterizzano l’Italia, trovandosi ad una latitudine piuttosto simile alla nostra. La circolazione è pertanto quella delle medie latitudini, con un moto prevalente da ovest verso est.
Ecco perché gli elementi radioattivi in atmosfera tendano a disperdersi verso il Pacifico. Per arrivare in Italia o sull’Europa d’altronde le radiazioni dovrebbero superare, oltre al Pacifico, il Nord America e tutto l’Oceano Atlantico. Si comprende chiaramente come i rischi per il nostro Paese, ad oggi, siano pressoché nulli, anche perché i valori di radioattività tendono a scemare con l’incremento della distanza dalla fonte di emissione.
Se il rischio per l’Italia praticamente non esiste, la stessa cosa non può certo dirsi per il Nord America, specie le zone occidentali statunitensi (California in primis). Queste zone, per via delle correnti prevalentemente occidentali, sono le prime a poter essere coinvolte dall’incremento radioattivo con maggiore concentrazione di radionuclidi, soprattutto nel caso in cui le emissioni dovessero raggiungere le zone alte dell’atmosfera, e si stanno quindi studiando eventuali contromisure per fronteggiare eventuali complicanze.