Frosinone, ore 15.21 del giorno 31 Agosto: il caldo opprimente, sotto l’afoso refolo dello scirocco, continua ad imperversare nella mia città.
Questo quadro, così evidente nella sua peculiarità, è invece lo specchio di uno spaccato meteorologico ben più vasto, tanto da comprendere la totalità del centro-sud, martoriato da una estate sopramedia, siccitosa e sfiancante.
La mia città, capoluogo del frusinate, ha registrato(eccezion fatta per 6 giorni del mese in corso) temperature esclusivamente over 30°C, attestando la media dei valori massimi a 31,7°C, +1,7°C rispetto al valore intermedio del periodo 1961-1990 fornito dall’A.M.
Ogni singolo elemento dell’ecosistema ha risentito dell’influsso negativo del tempo, a cominciare dall’evidente stato del suolo, del sottosuolo e della vegetazione.
Un esperto del settore, il Dott. Enrico Rovelli, mi ha fornito indicazioni sulla qualità degli innesti e sulla condizione di una delle aree più piovose dell’Italia, il nord-est, precisamente il Friuli Venezia Giulia. Senza voler entrare nello specifico delle precipitazioni cadute in codesta regione, poiché commetterei un errore nello stabilire, senza dati, un generale stato di deficit, l’aspetto di molte aree forestali ha messo in risalto le conseguenze di una estate molto calda e secca, in un trend che appare lontano dai singoli episodi che accadevano nei decenni passati.
Molte zone boschive sono risultate, come ha osservato Rovelli, pesantemente condizionate dal trimestre caldo ma anche dal trend pluviometrico dei mesi antecedenti, poiché non possiamo scordare il mite inverno 2006-2007. Suoli impoveriti ed inariditi si affiancano ad errori di valutazione dell’uomo che ha innestato piante di peccio a 300 slm, per la maggior parte stroncate dall’azione eolica.
Condizioni simili si incontrano in tutte le regioni della Penisola, anche nelle vaste faggete appenniniche dell’Italia centrale, in presenza di uno degli alberi con buona resistenza all’aridità estiva. Purtroppo il continuo susseguirsi di estati calde, con una stagione delle piogge sempre meno efficiente, sta apportando seri danni ai boschi di faggio, sempre più in difficoltà a partire dalle quote più alte, a causa di un trascorso umano nefasto e dell’attuale aridità di tipo africana.
Inoltre, l’estremizzazione dei fenomeni espressa tramite violente piogge dopo periodi di siccità, non permette al suolo di assorbire una quantità necessaria di acqua e l’azione drenante viene meno; il faggio è una specie che si adatta abbastanza bene, come si può notare nelle faggete più a nord, dove vi sono suoli pietrosi, acidi o sub-acidi, ma preferisce un terreno a matrice carbonatica a reazione basica, come quelli dell’appennino centrale.
L’assenza prolungata di pioggia, la mancanza di neve nella stagione invernale, un suolo sempre meno umido e poco drenante determinano una condizione di sofferenza per l’habitat del fagus.
Settembre inizierà sotto l’azione di una depressione fredda che scivolerà, a mio avviso, lungo il bordo orientale della struttura anticiclonica, ben presente da sud verso ovest/nord-ovest; le temperature scenderanno anche di diversi gradi ma, per la natura del peggioramento, di tipo cut-offiano, non si intravede una sinottica atta al trasporto di grandi masse d’aria umide e cariche d’acqua.
Oltre ad uno scenario che, in sostanza, appare essere guidato dal promontorio alto-pressorio, si riaffaccia sulle interpretazioni dei modelli la figura della semi-permanente iberico-portoghese, alias una replicante configurazione barica che inibisce gli scambi meridiani verso il cuore del mediterraneo.