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A Longyearbyen, a spasso con gli orsi polari, a due passi dal Polo Nord

di Giovanni Staiano e Massimo Aceti
04 Apr 2013 - 08:29
in Senza categoria
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Una bella e coraggiosa guida locale armata, per il pericolo orsi polari, con il suo cane e Longyearbyen vista dal ghiacciaio che la sovrasta. Foto di Aldo Meschiari.
a longyearbyen a spasso con gli orsi polari a due passi dal polo nord 27141 1 2 - A Longyearbyen, a spasso con gli orsi polari, a due passi dal Polo Nord
Incontrare un orso polare sull’uscio di casa? Potrebbe accadere, o quasi, a Longyearbyen, il capoluogo delle Svalbard, arcipelago artico appartenente alla Norvegia, tra i luoghi abitati più a nord del pianeta, ad oltre 78° di latitudine ed a soli 1000 km dal Polo Nord!

Ma come ha fatto l’uomo a popolare anche questo remoto, isolato ed inospitale angolo settentrionale della Terra? L’idea di fondare Longyearbyen venne a John Munroe Longyear proprietario principale della Arctic Coal Company of Boston, quando nel 1906 iniziò l’attività di estrazione del carbone. Distrutta dai tedeschi nel 1943, Longyearbyen rifiorì diventando negli anni città universitaria e, più recentemente, anche meta turistica.

Nonostante i pochi (2000) abitanti, Longyearbyen gode infatti di molti dei servizi di una grande città: l’aeroporto, l’università, l’ospedale, un centro sportivo e due musei, ma anche hotel, ristoranti e negozi. Permane ancora operativa l’attività estrattiva del carbone, ma la sua importanza nell’economia cittadina e dell’arcipelago è sempre più ridotta.

E’ una città giovanissima, per data di fondazione ma soprattutto per l’età media dei suoi abitanti, in buona parte studenti, ricercatori, professori dell’università ed operatori turistici.

Vivere in questa cittadina può essere un’esperienza di vita e di lavoro interessante, ma il clima inclemente, l’isolamento geografico e la lunga assenza invernale di luce non invogliano a rimanere a lungo, tanto che Longyearbyen è praticamente priva di anziani e il tasso di ricambio della popolazione è del 20% annuo!

Ma anche agli occhi di chi vi approda per la prima volta, l’effetto può non essere così splendente. Ecco come la trovò il “nostro” Meschiari quando vi approdò nel luglio di 3 anni fa: “Longyearbyen, si presenta nella sua veste estiva squallida e poco curata… le case sono più simili a baracche, generalmente sollevate dal terreno che è soggetto al fenomeno del permafrost”. Si ricrederà però nei giorni seguenti, rimanendo estasiato nell’ammirazione della imponente e selvaggia natura artica.

Di certo è una città adatta a chi non ama le auto, ogni abitante possiede infatti, più che un’automobile, una motoslitta!

L’estate si diceva… ma quale estate? In effetti assomiglia più ad un inverno senza notte. Il vento, le nubi basse, qualche sporadica nevicata e le temperature che rimangono quasi perennemente sotto i 10 gradi anche in luglio ed agosto (anche se il record è di +21°C), donano a questa stagione un aspetto molto diverso da quello a cui siamo abituati in Italia! Così la ricorda ancora Meschiari: “Mentre scendiamo dall’aereo, ci accoglie un vento freddo e sferzante, come ad avvertirci che stiamo sfidando qualcosa di più grande di noi, e che non ci renderà la vita comoda. Purtroppo da giorni staziona sull’area una enorme fascia di nubi basse e fastidiose, per lo più strati, raramente cumulostrati. Piove poco, ma il paesaggio è grigio e naturalmente freddo, con una media intorno ai 5 gradi”.

Il clima è però abbastanza clemente da permettere le attività turistiche alla scoperta delle meraviglie locali: la navigazione lungo i fiordi fino a sfiorare i giganti del mare, come gli iceberg e le lingue glaciali che si tuffano tra il Mare di Barents e il Mar Glaciale Artico; o il trekking sui ghiacciai, rigorosamente accompagnati da una guida locale armata, perché la presenza dell’orso polare sconsiglia le escursioni individuali; o ancora l’ascesa verso il Trollsteinen, il picco che sovrasta Longyearbyen. E se non si incontra l’orso polare ci si può accontentare di ammirare una foca, una renna artica, o una volpe artica, saranno meno affascinanti ma senz’altro più pacifiche!

Ma torniamo al clima. L’arcipelago delle Svalbard come tutto l’Artico è probabilmente la zona dove negli ultimi anni il “global warming” si è evidenziato in modo più vistoso, soprattutto nelle stagioni invernali, con anomalie positive non di rado di 7°/8°C su base mensile. Il clima, pur sempre artico, ma già temperato dalla Corrente del Golfo, è molto meno rigido di quanto ci si potrebbe aspettare a queste latitudini ed è divenuto meno estremo: è ormai dal 1988 che un mese non scende sotto la soglia dei -20°C di temperatura media.

L’inverno è comunque molto lungo, le temperature di marzo sono allineate con quelle di gennaio e febbraio, e nell’ultimo decennio ancora più fredde. Quello che da noi è il primo mese della primavera, non sembra infatti aver subito gli effetti del global warming, ed ha mantenuto temperature medie inferiori ai -12°C come nei decenni scorsi, al contrario di gennaio e febbraio che hanno visto crescere le temperature medie di 2/3 gradi portandosi nell’ultimo decennio su valori attorno ai -10°C. Anche dicembre si è scaldato di un paio di gradi, portando le sue medie a -8°C. Aprile è ancora molto freddo, più o meno come dicembre, e maggio ha ancora valori medi sotto lo zero, i due mesi che traghettano verso la breve estate artica sono però caratterizzati da numerose giornate luminose e con cielo sereno o poco nuvoloso; mentre da giugno ad agosto, sebbene in un contesto più mite (medie tra i 3-4°C di giugno e i 6-7°C di luglio), si hanno molte giornate con nebbie e/o nubi basse. Settembre è ancora relativamente mite, anche se cominciano a farsi frequenti le gelate, ma il termometro scende sotto zero con costanza, anche di giorno, solo in ottobre, durante il quale, il giorno 26, il sole tramonta per l’ultima volta, per poi risorgere soltanto il 16 febbraio dell’anno successivo.

La lunga notte polare può essere illuminata talvolta dalle luci magiche delle “Northern lights”, le aurore boreali, e nell’ugualmente lungo periodo estivo, si può ammirare il sole di mezzanotte dal 20 aprile al 20 agosto.

A seconda delle correnti dominanti, i mesi invernali possono presentare caratteristiche molto diverse uno dall’altro, anche durante lo stesso anno. Quando soffiano i venti da sud-ovest non sono rari mesi molto miti, in cui a tratti la temperatura può superare gli zero gradi, ma quando cambia il vento il clima può divenire davvero gelido, e le temperature precipitare a -15°C o -20°C anche per un mese intero, e scendere sotto i -30°C, ma solo eccezionalmente sotto i -40°C (record a marzo di -45°C).

Il vento, la copertura nuvolosa, le precipitazioni frequenti ma in genere non abbondanti (media annua di 300 mm), la luce che c’è per quasi tutta la giornata o non c’è affatto, determinano un’escursione termica giornaliera piuttosto contenuta, in genere attorno ai 5 gradi e minore in estate piuttosto che in inverno o primavera, quando il passaggio dei fronti artici rende il clima più dinamico. Dalla fine di settembre a maggio, Longyearbyen è normalmente coperta da un candido manto di neve, ma la Dama Bianca può cadere in qualunque giorno dell’anno. Forse più sorprendente è il fatto che, a soli 1000 km dal Polo Nord, le correnti umide e miti atlantiche possono portare la pioggia anche nel cuore dell’inverno.
Il fattore “wind chill” è però da tenere in considerazione, anche temperature relativamente miti – considerata la latitudine – possono nascondere le insidie del raffreddamento da vento, ed essere percepite dal corpo umano assai più basse di quanto mostrato dal termometro.

Degna conclusione di questo articolo è ancora una citazione dal reportage di Aldo Meschiari, perché Longyearbyen, nella sua durezza e nei suoi estremi, può anche rimanere nel cuore e si può decidere di rimanerci:
“… in quella incredibile città che è Longyearbyen abbiamo conosciuto un italiano, per la precisione un milanese al secolo Stefano Poli, che da ben 17 anni vive lassù. Ci ha raccontato che amando gli spazi aperti ad un certo punto ha abbandonato Milano e si è trasferito in Norvegia. Facile no?

E là si è dato da fare. Oltre ovviamente a curare il suo lavoro di guida esperta di luoghi, ha messo su quasi da solo un incredibile museo sulle spedizioni artiche che sono partite dalle isole Svalbard.
Ci sono tutti gli eroi della conquista del Polo Nord, compreso il nostro Nobile, la Tenda Rossa ed il suo Dirigibile.

Spesso la tentazione di mollare tutto per vivere un’altra vita prende anche me, non so voi.

Una vita più autentica, a contatto con la natura e con chi ama la natura selvaggia.

Per quasi tutti è e rimane solo un impulso, un’idea abbandonata nel fondo della propria anima.

Non è detto però che questo valga sempre e per ognuno di noi”.

Il Reportage di Aldo Meschiari dalle Svalbard
Ai ghiacci perenni delle Svalbard: cronaca di un viaggio alla fine del mondo

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