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35 anni dopo la "Grande Alluvione" dimenticata: Genova 1970. La genesi dell'alluvione: motivazioni idrogeologiche, climatiche e meteorologiche del disastro

di Fiorentino Marco Lubelli
11 Ott 2005 - 13:56
in Senza categoria
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35-anni-dopo-la-"grande-alluvione"-dimenticata:-genova-1970.-la-genesi-dell'alluvione:-motivazioni-idrogeologiche,-climatiche-e-meteorologiche-del-disastro
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La genesi dell’alluvione fu preparata da alcuni importanti fattori meteorologici e climatici che andiamo ad elencare. In primis dobbiamo considerare il surriscaldamento del settore occidentale del Mediterraneo, dovuto alla persistenza delle ondate di calore nel mese di Settembre; infatti è da notare che anche se le estati sono molto calde e i mari si surriscaldano molto, le irruzioni di aria più fredda di origine artica, nel mese di Settembre di solito non danno luogo a fenomeni di portata eccezionale, perché il gap termico non è elevatissimo fra le due masse d’aria.
Al contrario, se il periodo siccitoso si prolunga anche nel mese di settembre, con per di più ripetute ondate di calore anomalo, le irruzioni ottobrine, di aria nettamente più fredda, possono provocare intensi fenomeni. E’ questo il caso dell’alluvione di Genova. Alluvione, che non fu provocata da un’organizzata struttura perturbata, ma da un “semplice” episodio di instabilità di eccezionale violenza, amplificato come vedremo ora nell’analisi dell’evento, dalla particolare posizione orografica della città ligure.

Il giorno 6-10-1970, infatti, una poderosa rimonta dell’Alta Pressione delle Azzorre verso nord, diede luogo alla discesa di aria artica, lì dove per tutto il mese di ottobre si erano ripetute le ondate di calore, innescando la formazione fra Portogallo e Spagna di una intensa struttura di bassa pressione che convogliò intense correnti meridionali sull’Italia, correnti che colpirono in pieno il Golfo di Genova.

immagine 1 del capitolo 3 del reportage 35 anni dopo la grande alluvione dimenticata genova 1970 Dalla mappa di reanalisi a 500 hPa relativa all’8 ottobre 1970 si evidenzia la saccatura sulla Penisola Iberica e il blocco anticiclonico immediatamente ad est di Genova, che impedì un più naturale scorrimento ovest-est delle correnti.

E’ necessario rilevare come fu direttamente dirottata verso il Golfo Ligure una notevolissima quantità di umidità formatasi dal contatto tra l’aria artica marittima e il Mar Mediterraneo, surriscaldato da svariati giorni di caldo anomalo, umidità che sbattendo sui monti alle spalle della città condensò e scaricò tutta la sua potenza su Genova e l’immediato entroterra.

Come abbiamo già detto, il quantitativo di pioggia scaricato su Genova fu elevatissimo, e la città se pur abituata nei secoli a sopportare periodiche grandi piene dovute alla caduta di acqua dai vicini rilievi, non poté sopportare un quantitativo di acqua così grande concentrato in così poco tempo. Inoltre alla eccezionalità dell’evento si affiancò come al solito l’incuria umana, alla quale si può imputare la scandalosa gestione dei torrenti (molti dei quali specie tra i minori canalizzati) la cui piena fu la causa del disastro: il Leira, il Voltri, il Polcevera, il Bisagno, il Boiarda, il Ceresolo, il Gorsexio non furono monitorati con la giusta attenzione, pur sapendo che il loro regime prevalentemente torrentizio, dunque fortemente sensibile alle precipitazioni violente, avrebbe potuto costituire forte pericolo per l’idrogeologia della città ligure .

Ultimo ma non meno importante elemento che favorì l’alluvione, fu la scarsa quantità d’acqua che il terreno riuscì ad assorbire durante quell’evento, per due distinti fattori: il primo fu che la precipitazione fu così repentina e violenta che il terreno non poté assorbire buona parte della precipitazione; la seconda fu che la siccità prolungata seccò così tanto i primi strati del terreno che rese il suolo praticamente impermeabile, favorendo la lisciviazione delle acque invece della percolazione.

Tra la sera del 7 e il pomeriggio dell’8 ottobre 1970 Genova pianse venticinque morti, vittime di un fenomeno difficilmente prevedibile nella sua potenza, ma facilmente arginabile se un’attenta autorità competente avesse per un attimo fatto attenzione agli indizi climatici che per un avvenimento del genere erano sin troppo visibili.

Riportiamo il Bollettino dell’Aeronautica Militare emesso l’8 ottobre 1970, per gentile concessione del Sig. Vittorio Fabbri:
“L’avvezione fredda da nord in atto da 48 ore al largo delle coste europee ha ulteriormente approfondito il settore meridionale della saccatura e per un processo di separazione nell’ambito della stessa fra il 45° e 50° parallelo, si determina l’isolamento di un minimo a carattere di vortice freddo sul Portogallo. Una discontinuità frontale in movimento lento verso levante è preceduta sull’Italia da correnti meridionali e l’avvezione calda è notevolmente umidificata sul mare e acquista particolare importanza sulle regioni nord-occidentali ove, sia per stau sull’appennino ligure e sull’arco alpino, sia per scorrimento caldo sullo strato freddo al suolo in Val Padana, determina maltempo eccezionalmente molto marcato.

I fenomeni risultano particolarmente violenti in Liguria e assumono carattere di eccezionalità a Genova ove in 24 ore cadono 349 mill. di pioggia cui vanno aggiunti i 200 del giorno precedente (7). Da notare che la quantità media di Genova in ottobre è di 170 mill. Vengono segnalate conseguenze disastrose oltre che a Genova anche su tutta la riviera di ponente e, sia pur di minore entità anche in alcune località del Piemonte”.

immagine 2 del capitolo 3 del reportage 35 anni dopo la grande alluvione dimenticata genova 1970 Nella mappa a 700 hPa relativa all’8 ottobre 1970 si nota il centro della saccatura atlantica posto sulla Galizia, responsabile insieme al blocco anticiclonico posto ad oriente del richiamo di correnti meridionali molto umide (umidità superiore all’80%) sul bacino del Mar Ligure.

Non mi soffermerò sulle responsabilità della gestione dei torrenti cittadini, responsabilità peraltro sanzionata da un processo penale per disastro colposo, mi soffermerò invece su quello che si è fatto in Italia per prevedere con qualche ora di anticipo questi fenomeni violenti. La costituzione dei centri meteo regionali (in Liguria il CMIRL) e delle Autorità di Bacino, l’elaborazione di modelli di previsione a scala locale (LAM), sono tutti elementi fondamentali per la puntuale previsione dei fenomeni meteo estremi. Purtroppo quello che ancora manca nel nostro Paese è un collegamento diretto minuto per minuto fra la protezione civile e i previsori; non serve a nulla dare generici allarmi di maltempo se poi non si lavora direttamente sul territorio prevenendo possibili disastri come quello di Genova.

Nel prossimo capitolo la testimonianza “live” dell’evento di Giovanni Staiano.

Cerca per tag: meteo clima

Pubblicato da Fiorentino Marco Lubelli

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La genesi dell’alluvione fu preparata da alcuni importanti fattori meteorologici e climatici che andiamo ad elencare. In primis dobbiamo considerare il surriscaldamento del settore occidentale del Mediterraneo, dovuto alla persistenza delle ondate di calore nel mese di Settembre; infatti è da notare che anche se le estati sono molto calde e i mari si surriscaldano molto, le irruzioni di aria più fredda di origine artica, nel mese di Settembre di solito non danno luogo a fenomeni di portata eccezionale, perché il gap termico non è elevatissimo fra le due masse d’aria.Al contrario, se il periodo siccitoso si prolunga anche nel mese di settembre, con per di più ripetute ondate di calore anomalo, le irruzioni ottobrine, di aria nettamente più fredda, possono provocare intensi fenomeni. E’ questo il caso dell’alluvione di Genova. Alluvione, che non fu provocata da un’organizzata struttura perturbata, ma da un “semplice” episodio di instabilità di eccezionale violenza, amplificato come vedremo ora nell’analisi dell’evento, dalla particolare posizione orografica della città ligure. Il giorno 6-10-1970, infatti, una poderosa rimonta dell’Alta Pressione delle Azzorre verso nord, diede luogo alla discesa di aria artica, lì dove per tutto il mese di ottobre si erano ripetute le ondate di calore, innescando la formazione fra Portogallo e Spagna di una intensa struttura di bassa pressione che convogliò intense correnti meridionali sull’Italia, correnti che colpirono in pieno il Golfo di Genova. Dalla mappa di reanalisi a 500 hPa relativa all’8 ottobre 1970 si evidenzia la saccatura sulla Penisola Iberica e il blocco anticiclonico immediatamente ad est di Genova, che impedì un più naturale scorrimento ovest-est delle correnti. E’ necessario rilevare come fu direttamente dirottata verso il Golfo Ligure una notevolissima quantità di umidità formatasi dal contatto tra l’aria artica marittima e il Mar Mediterraneo, surriscaldato da svariati giorni di caldo anomalo, umidità che sbattendo sui monti alle spalle della città condensò e scaricò tutta la sua potenza su Genova e l’immediato entroterra. Come abbiamo già detto, il quantitativo di pioggia scaricato su Genova fu elevatissimo, e la città se pur abituata nei secoli a sopportare periodiche grandi piene dovute alla caduta di acqua dai vicini rilievi, non poté sopportare un quantitativo di acqua così grande concentrato in così poco tempo. Inoltre alla eccezionalità dell’evento si affiancò come al solito l’incuria umana, alla quale si può imputare la scandalosa gestione dei torrenti (molti dei quali specie tra i minori canalizzati) la cui piena fu la causa del disastro: il Leira, il Voltri, il Polcevera, il Bisagno, il Boiarda, il Ceresolo, il Gorsexio non furono monitorati con la giusta attenzione, pur sapendo che il loro regime prevalentemente torrentizio, dunque fortemente sensibile alle precipitazioni violente, avrebbe potuto costituire forte pericolo per l’idrogeologia della città ligure . Ultimo ma non meno importante elemento che favorì l’alluvione, fu la scarsa quantità d’acqua che il terreno riuscì ad assorbire durante quell’evento, per due distinti fattori: il primo fu che la precipitazione fu così repentina e violenta che il terreno non poté assorbire buona parte della precipitazione; la seconda fu che la siccità prolungata seccò così tanto i primi strati del terreno che rese il suolo praticamente impermeabile, favorendo la lisciviazione delle acque invece della percolazione. Tra la sera del 7 e il pomeriggio dell’8 ottobre 1970 Genova pianse venticinque morti, vittime di un fenomeno difficilmente prevedibile nella sua potenza, ma facilmente arginabile se un’attenta autorità competente avesse per un attimo fatto attenzione agli indizi climatici che per un avvenimento del genere erano sin troppo visibili. Riportiamo il Bollettino dell’Aeronautica Militare emesso l’8 ottobre 1970, per gentile concessione del Sig. Vittorio Fabbri:”L’avvezione fredda da nord in atto da 48 ore al largo delle coste europee ha ulteriormente approfondito il settore meridionale della saccatura e per un processo di separazione nell’ambito della stessa fra il 45° e 50° parallelo, si determina l’isolamento di un minimo a carattere di vortice freddo sul Portogallo. Una discontinuità frontale in movimento lento verso levante è preceduta sull’Italia da correnti meridionali e l’avvezione calda è notevolmente umidificata sul mare e acquista particolare importanza sulle regioni nord-occidentali ove, sia per stau sull’appennino ligure e sull’arco alpino, sia per scorrimento caldo sullo strato freddo al suolo in Val Padana, determina maltempo eccezionalmente molto marcato. I fenomeni risultano particolarmente violenti in Liguria e assumono carattere di eccezionalità a Genova ove in 24 ore cadono 349 mill. di pioggia cui vanno aggiunti i 200 del giorno precedente (7). Da notare che la quantità media di Genova in ottobre è di 170 mill. Vengono segnalate conseguenze disastrose oltre che a Genova anche su tutta la riviera di ponente e, sia pur di minore entità anche in alcune località del Piemonte”. Nella mappa a 700 hPa relativa all’8 ottobre 1970 si nota il centro della saccatura atlantica posto sulla Galizia, responsabile insieme al blocco anticiclonico posto ad oriente del richiamo di correnti meridionali molto umide (umidità superiore all’80%) sul bacino del Mar Ligure. Non mi soffermerò sulle responsabilità della gestione dei torrenti cittadini, responsabilità peraltro sanzionata da un processo penale per disastro colposo, mi soffermerò invece su quello che si è fatto in Italia per prevedere con qualche ora di anticipo questi fenomeni violenti. La costituzione dei centri meteo regionali (in Liguria il CMIRL) e delle Autorità di Bacino, l’elaborazione di modelli di previsione a scala locale (LAM), sono tutti elementi fondamentali per la puntuale previsione dei fenomeni meteo estremi. Purtroppo quello che ancora manca nel nostro Paese è un collegamento diretto minuto per minuto fra la protezione civile e i previsori; non serve a nulla dare generici allarmi di maltempo se poi non si lavora direttamente sul territorio prevenendo possibili disastri come quello di Genova. Nel prossimo capitolo la testimonianza “live” dell’evento di Giovanni Staiano. Cerca per tag: meteo clima Pubblicato da Fiorentino Marco Lubelli Inizio Pagina

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