“A papà stasera t’ho preparato du spaghetti aio, oio e peperoncino che so na favola, robba da leccasse le orecchie…e pe secondo le polpette co le patate fritte”.
Fate un po’ come ve pare ma a me na cena così salterebbe solo se m’invitasse la Marcuzzi.
La giornata non è delle più calde anzi tutt’altro. A Roma oggi ci sono solo 13 gradi ed essendo luglio è già anomalo. Ho ancora un’oretta prima di sedermi a tavola. M’acchiappo le macchine e vado alla mia vecchia postazione che ha visto serate migliori. Le correnti da nord disegnano cieli romani con colori che nulla hanno a che vedere con l’estate ma la corrente a getto del giorno prima lasciava presagire qualcosa di particolare. E così piazzo le macchine, m’accendo la solita sigaretta quasi cercassi qualcosa con cui riscaldarmi e comincio ad immortalare qua e là. Sono circa le 20 ora legale e la temperatura non schioda dai 13 °C quando nello scrutare l’orizzonte l’occhio cade su un particolare in lontananza.
“Non è possibile – penso – ma da dove sbuca? Ma è lei o non è lei?. Sembra proprio di si: è una tromba d’aria!!!” Comincio a scattare come preso da un raptus di lucida follia e solo allora mi accorgo che nella macchina che monta il tele ho solo 2 foto, metto le mani in borsa e vedo che non ho rulli nuovi da utilizzare. Mi vengono in aiuto tutti i santi del Paradiso che sono riuscito a rintracciare più qualcun altro non citato che non voleva perdersi lo spettacolo.
Mi accorgo della rapidità del movimento del cono da nord verso sud. La finestra a disposizione tra i palazzi in lontananza non mi permette di avere molto tempo a disposizione per scaricare la Camilla (monto un 35-70), togliere il rullo e rimontarlo sulla Gilda (dove monto un 70-210). Sembra una scena di quei film dove il timer della bomba scivola inesorabilmente verso lo zero e tu lo blocchi a 3 sec. dallo scoppio. E così scatto quel riesco a scattare dopodiché il sipario si chiude e si spengono le luci. Scendo trafelato a casa e mi attacco al telefono per chiedere conferma di ciò che ho visto.
“A papà li spaghetti so pronti…” dice mia figlia. La fame al momento è in ferie.
“Mangiate voi che io arrivo tra un po’…”. La Sora Cesira mugugna come al solito ma annuisce ormai vinta perché sa che il mio “tra un po’” potrebbe avere tempi elefantiaci. Chiamo il grande Mauro Giovannoni esperto italiano in Uragani, Tornadi e affini e sento che l’ho preso, oltre che a bersi una birra, alla sprovvista ma ho acceso la sua curiosità. Mi farà sapere. Allora chiamo altri amici finché ne trovo uno che mi dice che l’ha vista anche lui all’altezza della foce del Tevere ad Ostia.
“E’ stata na ficata! Stavo in macchina con la mia ragazza e l’abbiamo vista tutti e due (Comincio a nutrire qualche dubbio: possibile che non aveva di meglio da guardare?).
Prendo subito le carte a mia disposizione che ho qui da mia figlia e fissati dei capisaldi di riferimento sulla città, la congiunzione di quei punti mi porta dritto dritto poco a nord di Ostia: distanza dal punto di fotografia circa 34 Km. FANTASTICO!! Non c’è che dire, ottimo seeing e grande occasione che non ricapiterà più per altri mille anni. Tra quattro giorni è il mio compleanno e sicuramente questo sarà un motivo in più per ricordarlo.
“Ao sta pasta te sta a venì incontro (tipica espressione romana per dire che si è freddata) quanto te ce vò ancora?”.
Mi metto a tavola e vengo subito bacchettato da tutti: il papà deve dare il buon esempio. Hanno ragione ma di fronte a quei meteo-attimi come fai a dire di no? Sembro gatto Silvestro bastonato e questa sceneggiata muove a compassione tutti. La tenerezza che suscito scioglie i sorrisi sul viso di tutti.
“Magna, che fredda non è buona!” sentenzia la Sora Cesira.
Inforchetto con la convinzione che ho assistito ad un evento unico. e questo mi scalda l’anima… e pure la pasta.
Buon appetito!