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1° febbraio 1953: il “Watersnoodramp” devasta l’Olanda e uccide oltre 1800 persone

di Giovanni Staiano
01 Ott 2010 - 07:56
in Senza categoria
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Nella prima immagine, la situazione meteo alle 0 GMT del 1°febbraio 1953 in una carta del KNMI (www.knmi.nl), nella seconda la devastazione sull'isola di Goeree-Overflakkee invasa dalle acque del mare (fonte https://commons.wikimedia.org).
1 febbraio 1953 il watersnoodramp devasta lolanda e uccide oltre 1800 persone 18826 1 2 - 1° febbraio 1953: il "Watersnoodramp" devasta l'Olanda e uccide oltre 1800 persone
Nella notte tra il 31 gennaio e il 1° febbraio 1953 una tempesta sul Mare del Nord causò il maggior disastro naturale a memoria d’uomo sulle coste inglesi e olandesi. Anche Danimarca, Belgio e Francia subirono alluvioni e gravi danni a causa della tempesta. L’effetto combinato dell’alta marea e della tempesta di vento causò uno “storm surge” di grandi proporzioni, il livello delle acque salì fino a 5,6 metri al di sopra di quello ordinario. Le opere difensive non ressero l’urto dello “storm surge”e delle onde per cui vi furono estese inondazioni.

In Olanda il bilancio ufficiale fu di 1835 morti, per la maggior parte nella provincia sudoccidentale della Zelandia. Nel Regno Unito i morti furono 307, nelle contee di Lincolnshire, Norfolk, Suffolk ed Essex, tutte nell’Inghilterra orientale. 28 le vittime registrate nelle Fiandre Occidentali, in Belgio.

Molte altre vittime, più di 230, si ebbero in tragedie del mare. Nel naufragio del traghetto MV Princess Victoria, avvenuto nel North Channel, a est di Belfast, morirono 133 persone (una quarantina i superstiti), molte vittime vi furono anche per il naufragio di numerosi pescherecci. In totale, vi furono circa 2400 morti.

L’Olanda fu il paese più colpito. Nella notte tra il 31 gennaio e il 1° febbraio molte dighe nelle province olandesi Zelandia, Zuid-Holland e Noord-Brabant si dimostrarono insufficienti a reggere l’urto dato dalla combinazione della marea e della tempesta di vento da nordovest. Molte isole costiere ma anche ampi settori della terraferma (per gran parte aree situate al di sotto del livello del mare) furono completamente inondate. In molte località olandesi il 1° febbraio di ogni anno si svolgono cerimonie commemorative a ricordo delle vittime della tempesta.

All’epoca del disastro, nessuna stazione radio nelle nazioni interessate dalla tempesta trasmetteva nelle ore notturne, mentre gran parte delle stazioni meteorologiche era operativa solo durante il giorno, con il risultato che l’allarme fu dato in ritardo dal KNMI, il Servizio Meteo Olandese, e lo stesso si diffuse lentamente nelle aree a rischio di inondazione. Il disastro ebbe oltretutto luogo in un sabato notte, con un presidio ancora minore rispetto alle altre notti e gli uffici pubblici (municipi, prefetture etc.) che ebbero difficoltà a riorganizzarsi nella successiva mattina della domenica. Le popolazioni, non allertate, non si prepararono quindi per tempo a fronteggiare l’inondazione e non vi furono evacuazioni tempestive. Telefono e telegrafo furono presto messi fuori servizio dal maltempo e per molte ore furono i radioamatori a creare una sorta di network di volontari nelle aree interessate dall’emergenza per permettere le comunicazioni con i loro apparecchi. Questa rete di radioamatori ben organizzatasi fu fondamentale per garantire le comunicazioni anche nei giorni successivi all’inondazione, garantendo per 10 giorni e notti le comunicazioni grazie a un lavoro instancabile.

L’alluvione sommerse gran parte di Zelandia, Zuid-Holland e Noord-Brabant. In Noord-Holland fu invece inondato un solo polder (i polder sono i settori di territorio che gli olandesi hanno “sottratto al mare”, prosciugandoli e mantenendoli asciutti attraverso dighe e sistemi di drenaggio dell’acqua). Le inondazioni più estese e il maggior numero di vittime si ebbero nelle isole Schouwen-Duiveland e Goeree-Overflakkee. Come detto le vittime furono in tutto 1835, mentre 70000 persone dovettero abbandonare le loro case. L’inondazione interessò il 9% del terreno agricolo olandese, 1365 kmq di territorio furono invasi dalle acque del mare. A causa del sale, i campi inondati furono inutilizzabili per diversi anni. Andarono perduti circa 30000 capi di bestiame, 47300 abitazioni subirono danni, 10000 delle quali furono distrutte. Il danno complessivo fu stimato a 1 miliardo di fiorini (circa 450 milioni degli attuali Euro).

In Regno Unito oltre 1600 km di coste vennero devastate, con le protezioni (dighe, argini etc.) distrutte o seriamente danneggiate. 1000 kmq di territorio furono inondati. 30000 persone dovettero abbandonare le loro abitazioni. A parte il già citato naufragio del traghetto MV Princess Victoria, gli eventi che causarono più vittime accaddero a Canvey Island (Essex), con 58 morti, a Felixstowe, in Suffolk, dove morirono 38 persone, e a Jaywick, ancora in Essex, con 37 morti.

Anche le difese costiere delle Fiandre, in Belgio, furono seriamente danneggiate sulla costa tra Ostenda e Anversa. 4400 ettari di terreno furono inondati dal mare.

Venti giorni dopo la tragedia fu creata in Olanda la Commissione del Delta, con il compito di studiare un piano di infrastrutture nel delta del Reno (vasta area che comprende anche le foci della Mosa e della Schelda), al fine di garantire l’area dal rischio che un evento come quello del ° febbraio 1953 si ripetesse. I lavori, consistenti nell’erezione di una serie di sbarramenti atti da un lato a proteggere il territorio, dall’altro a garantire l’operatività dei grandi porti di Rotterdam e Anversa, sono terminati solo nel 1997, con il completamento della barriera di Maeslantkering, nel Nieuwe Waterweg, presso Rotterdam. Il Nieuwe Waterweg costituisce l’accesso principale al porto di Rotterdam, quindi non era pensabile sbarrarlo con una diga. La barriera di Maeslantkering è collegata a computer che “leggono” lo stato del tempo e del mare e la chiudono automaticamente solo quando si prevede una “storm surge” superiore a 3 metri. Naturalmente la procedura di chiusura segue una sequenza per avvisare tutte le navi nell’area e chiudere la via d’acqua al traffico marittimo prima che le paratie si muovano. 10 anni dopo la sua edificazione, la barriera fu collaudata “sul campo” per la prima volta durante la tempesta dell’8 novembre 2007.

Come detto l’inondazione, a parte lo stato non ottimale delle difese della zona del Delta, fu dovuta principalmente alla combinazione tra l’alta marea e una forte tempesta di vento. Già il 30 gennaio una profonda depressione generatasi a sud dell’Islanda si era spostata verso la Scozia, approfondendosi ulteriormente. Il 31 gennaio alle ore 0 GMT il minimo era tra le Orcadi e le Shetland e durante la giornata, mentre la depressione si spostava verso sudest, i venti associati alla depressione hanno raggiunto l’intensità di uragano. Alle 0 GMT del 1° febbraio il minimo si era portato appena a ovest della Danimarca sudoccidentale e il contemporaneo brusco rialzo della pressione su Irlanda e Gran Bretagna occidentale (a Glasgow in 24 ore il barometro salì da 990 a 1020 hpa) aveva incrementato il gradiente barico sul Mare del Nord, con una conseguente burrasca da nord-nordovest, accompagnata anche da un fronte temporalesco, diretta verso le contee della parte più orientale dell’Inghilterra e le coste olandesi e fiamminghe, dove proprio in quelle ore era in atto un’alta marea.

Nella tarda serata del 31 gennaio il vento era forza 11 in mare aperto e forza 10 sulla costa olandese (dove ha soffiato a forza 9 o superiore per 20 ore consecutive). A mezzanotte il livello delle acque era 3,1 metri sopra il livello normale, alle 3 è arrivato a 4,55 metri e proprio a quell’ora si ebbero i primi cedimenti nelle dighe. Alcune di esse erano state rinforzate nella parte esterna, direttamente esposta alla pressione delle acque, ma l’acqua ha scavalcato le protezioni, erodendole quindi dall’interno. La mattina del 1° febbraio la marea calò, ma ulteriori vittime e danni furono causata dalla nuova alta marea della sera del 1° febbraio, inferiore rispetto a quella della notte precedente, ma devastante a causa dei danni già subiti dalle dighe, incapaci quindi di trattenerla.

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