Se il gelo di Norilsk non vi è bastato, se quello di Longyearbyen pensate non sia per “uomini veri”, allora, forse, Jakutsk è la città che fa per voi! Perché qui, nel cuore della Siberia, anche il gelo può gelare! (libera citazione da “La città senza nome” di H.P. Lovecraft).
Situata nel nord-est della Siberia, Jakutsk è la capitale della Repubblica Autonoma di Sakha, più nota come Jacuzia, la regione del “Polo del Freddo Boreale”. D’inverno la temperatura non supera mai gli zero gradi, nemmeno durante le più imponenti avvezioni calde, e rimane quasi sempre al di sotto dei -30°C, raggiungendo talvolta i -60°C.
Fondata nel 1632 dai Cosacchi, il suo sviluppo dalla seconda metà dell’800, come per tante città siberiane, lo si deve all’industria estrattiva, dell’oro, dei diamanti e del carbone, che ha potuto sfruttare anche la manodopera proveniente dai campi di lavoro forzato. Così, dai nemmeno 7000 abitanti del 1897, oggi Jakutsk ne conta quasi 270 mila.
Ma come è possibile vivere in un posto dove per mesi la temperatura rimane a 40 gradi sotto zero? A noi appare incredibile come la gente del posto possa vivere una vita normale in un ambiente così freddo. Una temperatura di -40°C stroncherebbe chiunque. A Jakutsk, invece, la gente va normalmente al lavoro, a fare la spesa, a teatro anche in pieno inverno e i bambini non vanno a scuola solo se la temperatura scende sotto i -50°C. Ma il freddo estremo costringe anche ad usanze insolite, come il latte che viene venduto “a blocchi”, in forme simili a quelle di formaggio.
Raggiungere Jakutsk è comodo ma solo in aereo. La “Lena Highway”, infatti, si ferma al di là della Lena, il fiume che scorre a fianco della città, che è sprovvisto di ponti di attraversamento, sia in città che nell’intera regione (uno però è in costruzione). Se d’inverno è possibile attraversarlo transitando sulla superficie ghiacciata, d’estate è d’obbligo prendere il traghetto. Esistono però brevi periodi, di solito in primavera nel periodo del disgelo, in cui il fiume non è più uniformemente ghiacciato ma nemmeno percorribile col traghetto, e pertanto Jakutsk rimane isolata via terra. La Lena Highway infatti, è l’arteria che collega la città anche alla ferrovia Transiberiana e più che un’autostrada come la intendiamo noi, è in realtà una pista, ben percorribile nei mesi invernali quando è ghiacciata, mentre in estate le piogge la rendono fangosa a tal punto che spesso i veicoli si impantanano. Non a caso localmente è conosciuta come “l’Autostrada dell’Inferno”.
Come detto, se raggiungere Jakutsk via terra risulta a volte proibitivo, via aria è molto più facile. L’aeroporto ospita regolari voli di linea che lo collegano con Mosca e le altre principali città siberiane e da alcuni anni è utilizzato anche dai turisti, non molti a dire il vero, che vogliono provare l’ebbrezza della vita a meno 50 gradi. Ma se state pensando di aggiungervi a loro, fate attenzione all’equipaggiamento che scegliete. Anche solo scendere dall’aereo, nel caso vi trovaste ad una temperatura di -40°C, senza un’adeguata protezione potrebbe essere assai pericoloso. Tutto il corpo va protetto, la perdita di calore è rapidissima, mentre riscaldarlo nuovamente può impiegare parecchi minuti. Le ciglia congelano, respirare l’aria provoca fastidio alla gola e bisogna stare attenti a non toccare oggetti di metallo con le mani nude, pena rimanerci attaccati.
A Jakutsk però si trovano tutte, o quasi, le comodità di una moderna città e così la vita può scorrere quasi regolarmente anche con temperature siderali. Ma perché fa così freddo? Jakutsk si trova nella regione con gli inverni più freddi dell’emisfero boreale, lontanissima dal mare e dalla possibilità di essere raggiunta dal suo potere mitigatore, in una vastissima area continentale sede di alte pressioni invernali di natura termica, con freddo da inversione, tanto più intenso quanto più si scende nei bassi strati. Un po’ più a nord di Jakutsk si trovano i villaggi di Ojmjakon e Verhojansk, dove si sono misurate le temperature più basse di tutto l’emisfero nord, fino a quasi -70°C!
L’eccezionalità dei rigori di dicembre e gennaio nella capitale jacuta dipende non solo dalla stagnazione dell’aria gelida in regime di alta pressione ma dalla diffusa e persistente presenza di nebbia (ovviamente congelantesi), che si ripete per 40-50 giorni tra fine novembre e metà febbraio e che condensando sotto forma di ghiaccio su tutte le superfici non riscaldate, dona al paesaggio un aspetto uniformemente bianco.
Il record storico di freddo, la cui serie storica parte dal 1888, è -64,4°C, registrato nel febbraio 1891, mentre il record di caldo, 38,4°C, è recentissimo, risalendo al luglio 2011. Ma se il caldo estivo di Jakutsk è eccezionale in rapporto alle medie annuali e soprattutto ai rigori invernali (una differenza di oltre 100°C tra le temperature estreme è davvero inusuale sul nostro pianeta), è appunto il grande gelo invernale a caratterizzare questa città. La media di gennaio è intorno ai -39°C e quella di dicembre appena 1°C più alta, con una escursione giornaliera che non supera i 6°C. Come detto, questi due mesi sono quelli in cui più “immobile” è l’aria che ristagna su Jakutsk e in cui la nebbia gelata maggiormente la fa da padrone. A febbraio la media sale sopra i -34°C, ma soprattutto il sole comincia a “bucare” la nebbia sempre più spesso e per un maggior numero di ore al giorno, sono infatti soprattutto le massime a crescere, con l’escursione media giornaliera che sale a quasi 10°C.
Dicembre, gennaio e la prima metà di febbraio: questo è il periodo in cui la città è veramente prigioniera del ghiaccio. Non nevica quasi mai (nei tre mesi invernali le precipitazioni ammontano, in media, a soli 27 mm complessivi), e quando lo fa si depositano in genere solo pochi mm di neve spesso caduta sotto forma di cristalli di ghiaccio, ma la nebbia deposita una galaverna durissima, che richiede piccone o piccozza per essere rimossa. In dicembre si contano mediamente solo 9 ore di sole, in gennaio 18, in febbraio si sale a quasi 100 ore. La neve che rimane ghiacciatissima per tutto l’inverno a coprire Jakutsk con un manto spesso in genere tra 25 e 35 cm cade quasi interamente in ottobre e novembre (rispettivamente, 18 e 16 mm le precipitazioni medie di questi due mesi). Il disgelo in genere si completa intorno al 15-20 aprile, anche se nevicate tardive possono avere luogo anche in maggio. Quando il terreno si libera dallo strato di neve ghiacciata, si ha in genere una brusca risalita delle temperature minime, venendo meno l’effetto albedo. La stagione in cui si hanno più precipitazioni è l’estate, ma non è che le piogge siano abbondanti, giugno, luglio e agosto hanno medie rispettivamente di 35, 38 e 37 mm.
Il ghiaccio che copre tutto per almeno tre mesi, determina anche notevoli problemi alle infrastrutture cittadine. Gli edifici sono costruiti su palafitte per impedire che affondino nella fanghiglia che si forma nella stagione calda nello strato di terreno superficiale sopra il permafrost. Il problema edilizio infatti non è tanto il permafrost stesso, ma quei 3-4 metri di terreno soprastante che, nella breve ma calda estate, scongelano con le relative conseguenze di assestamento continuo. Le case devono inoltre essere sempre riscaldate, un guasto dell’impianto di riscaldamento può comportare il completo congelamento di un edificio, trasformandolo in una sorta di casa fantasma che non potrà più essere abitata almeno fino all’estate successiva.
Versano inoltre in cattivo stato molte delle gigantesche condutture esterne, rivestite grossolanamente di isolanti, spesso rovinate su giunzioni e gomiti. Queste condutture, prima di conficcarsi nei muri incrostati di ghiaccio degli edifici, disegnano percorsi tortuosi, a volte a livello del suolo, altre con sorte di ponti per scavalcare le strade. Qua e là dalle giunture danneggiate emergono grossi grumi di ghiaccio giallastro, dove l’acqua trasuda o vi sono perdite.
Nondimeno problematica è la manutenzione dei mezzi di trasporto. Sui motori delle auto si mettono coperte e i mezzi sono ancora all’antica, senza troppe “diavolerie” elettroniche, di modo che un eventuale guasto si possa riparare senza l’intervento di un tecnico specializzato: rimanere infatti fermi in strada ad aspettare i soccorsi lontano dalla città potrebbe essere fatale!
Sempre il ghiaccio è anche il mezzo col quale gli abitanti di Jakutsk esercitano la loro vena creativa. D’inverno infatti bellissime sculture di ghiaccio si trovano ovunque in città, sia negli spazi pubblici che nei giardini privati.
Ma è nei villaggi a nord e nord-est di Jakutsk che si respira la vera aria da Siberia gelida e selvaggia. Se già per noi è difficile immaginare come si possa svolgere la vita nella “capitale”, ancor più incredibile ci appare come si possa vivere in questi luoghi ameni dove in inverno la temperatura media raggiunge i -50°C e dove le distanze da altri minuscoli villaggi si misurano quando va bene in varie ore, e dalle prime forme di civiltà moderna in giorni.
Con un po’ di coraggio così ci si può inoltrare attraverso la taiga congelata percorrendo piste completamente ghiacciate per centinaia di chilometri ed arrivare fino ad Ojmjakon, dove un monumento ci avviserà che in questo villaggio si è registrata la temperatura più bassa dell’emisfero boreale. Il villaggio si vanta infatti di un record di -71,2°C che è stato però estrapolato, il record ufficiale è -67,7°C, la rivale Verhojansk invece ha un record ufficiale di -67,6°C e uno non ufficializzato di -69,8°C.
E’ in questa zona, quando il termometro scende sotto ai -60°C, che si supera la definitiva soglia del gelo: si modificano le proprietà fisiche, l’aria fa strani rumori, i suoni cambiano, la pelle non protetta congela in pochi secondi, eppure l’aspettativa di vita della popolazione del luogo è superiore a quella del resto della Russia!
Ed è in luoghi come questo che si vive ancora come una volta, con solo qualche comodità in più. Le case sono di legno e perfettamente riscaldate e coibentate. Non ci sono bagni perché mancano le fognature, i gabinetti sono in gabbiotti esterni, e di certo bisogna fare presto a sbrigare le proprie faccende. Ogni famiglia ha diritto ad un blocco di ghiaccio, che sarà la sua riserva d’acqua per l’inverno. La dieta è fatta principalmente di carne, di cavallo o di mucca, entrambi animali che resistono bene ai rigori del terribile gelo, talvolta di selvaggina o di pesce che si pesca facendo i classici buchi nel ghiaccio. E quando il termometro va sopra i -30°C è quasi festa, i villaggi si rianimano, i bimbi giocano all’aperto… è arrivata la primavera!
Bibliografia
Foto e alcune informazioni tratte da www.wideview.it/travel/Yakutia_2007/it_menu.htm
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