Le 550.000 miglia quadrate dell’arcipelago artico canadese contengono circa 30.000 isole. Tra il 2004 e il 2009, la regione ha perso l’equivalente di tre quarti dell’acqua del lago Erie, uno dei più grandi specchi d’acqua degli Stati Uniti. Le temperature più calde del solito, in quegli anni, hanno causato un rapido aumento dello scioglimento dei ghiacciai e della neve, dice Alex Gardner, il ricercatore del Dipartimento dell’Atmosfera oceanica e Scienze Spaziali che ha guidato il progetto. Lo studio è stato pubblicato online su Nature il 20 aprile.
“Questa è una regione che in precedenza non pensavamo stesse contribuendo così tanto all’innalzamento del livello del mare”, ha detto Gardner. “Adesso ci siamo resi conto che al di fuori dell’Antartide e della Groenlandia, è stato il maggior contribuente nel periodo che va dal 2007 al 2009. L’intera zona è molto sensibile e se le temperature continueranno ad accrescersi, registreremo un’accentuazione del processo di fusione”.
Il novantanove per cento del ghiaccio emerso di tutto il mondo è suddiviso tra l’Antartide e la Groenlandia. Nonostante le loro dimensioni, attualmente rappresentano la metà del processo di scioglimento globale. Il perché è spiegabile col fatto che le condizioni climatiche fanno sì che il ghiaccio si sciolga solo ai loro bordi. L’altra metà del ghiaccio in scioglimento, che costituisce una parte fondamentale nell’aumento del livello del mare, proviene da ghiacciai e calotte di ghiaccio più piccole, come nell’Artico canadese, l’Alaska e la Patagonia. Lo studio sottolinea l’importanza di queste micro regioni.
Durante i primi tre anni di questo studio, dal 2004 al 2006, la regione ha perso una media di 7 chilometri cubi di acqua all’anno. Il picco è stato registrato durante l’ultima parte dello studio ed ha raggiunto le 22 miglia cubiche di acqua – circa 24 miliardi di litri – all’anno. Nell’arco di 6 anni l’intero processo ha aggiunto un totale di 1 millimetro all’altezza degli oceani del mondo. Anche se potrebbe non sembrare molto, Gardner afferma che piccole quantità possono fare grandi differenze. Dallo studio si evince che un aumento di un grado della temperatura media dell’aria ha provocato 15 miglia cubiche di fusione supplementare. V’è da aggiungere che poiché lo studio si è svolto nell’arco di soli sei anni i risultati non indicano una tendenza certa.
“Quella ottenuta è una grande risposta di un piccolo cambiamento climatico”, sostiene Gardner. “Se il riscaldamento continua e si cominciano a registrare risposte simili in altre regioni ghiacciate, allora ci si dovrebbe preoccupare. Ma ora come ora non sappiamo se il processo continuerà”.
Le Nazioni Unite sostengono che il livello degli oceani aumenterà di un metro entro la fine del secolo. Se dovesse accadere si avrebbero gravissime conseguenze per decine di milioni di persone che vivono nelle città costiere e le zone basse di tutto il mondo. Fenomeni quali i maremoti e o le mareggiate, ad esempio, diverrebbero devastanti.
Per condurre lo studio, il tema di ricercatori internazionale ha eseguito delle simulazioni numeriche e utilizzato due diverse tecniche satellitari per la convalida indipendente dei risultati del modello. Attraverso l’altimetria laser, hanno misurato le variazioni di altitudine della regione nel corso del tempo. E attraverso una tecnica chiamata “gravimetria”, hanno misurato i cambiamenti nel campo gravitazionale terrestre, che coincide con una redistribuzione della massa – una perdita di massa per i ghiacciai e le calotte di ghiaccio.