Circa 74000 anni fa, un vulcano nell’isola di Sumatra, il gigantesco Toba, iniziò ad emettere “sbuffi” dalla sua cima, segnali di forte attività in corso. Si arrivò all’eruzione con emissione di rocce e altri materiali mille volte maggiore, rispetto a quelli eruttati nel 1980 dal Monte St. Helens nello stato di Washington.
I precedenti studi affermano che, in seguito all’eruzione, si avviò un processo di raffreddamento del clima terrestre, con un calo delle temperature di circa 10°C. La causa principale si pensa sia dovuta ai gas serra emessi dal vulcano, insieme a diossido di carbone e di zolfo. Quest’ultimo, quando si combina col vapore acqueo, diffonde sul globo terrestre solfato sotto forma di aerosol, rallentando il viaggio della radiazione solare verso la Terra e raffreddando l’aria sino alla formazione di piogge acide e neve.
Si ebbe l’avvio di una glaciazione che durò circa 1000 anni e che potrebbe aver dato vita ad un “inverno vulcanico”, provocando carestia e una drastica riduzione della popolazione nel tempo. Alcuni genetisti infatti credono che essa abbia avuto un effetto catastrofico sulla vita umana, riducendo forse la popolazione sulla Terra a appena qualche migliaio persone. L’umanità venne spinta al margine dell’ estinzione (si veda la seconda immagine a lato in cui è raffigurata un’ipotesi dell’emigrazione dei popoli in seguito all’eruzione di 74000 anni fa).
Ma i modelli sviluppati dalla NASA e dal National Center for Atmospheric Research a Boulder, in Colorado, non avvallano queste teorie, perché le simulazioni climatiche non hanno riprodotto l’ipotizzata glaciazione.
Alan Robock, della Rutgers University, con il suo team, per sei mesi ha condotto simulazioni su modelli all’avanguardia, che includono gli effetti della morte della vegetazione basati sul bilancio della radiazione e le reazioni di chimica stratosferiche che simulano la vita della nuvola di origine vulcanica. Lo scopo degli studi è stato investigare i meccanismi addizionali che potrebbero aver migliorato e/o aver esteso gli effetti dell’eruzione di Toba.
Il team di Robock ha simulato iniezioni di aerosol (ottenuti dal diossido di zolfo) nei processi, variando da 33 a 900 volte i quantitativi rilevati per l’eruzione del Monte Pinatubo nel 1991; ma in ogni simulazione non si è riprodotta alcuna glaciazione. I risultati, pubblicati sul “Journal of Geophysical Research—Atmospheres”, parlano solo di clima più fresco durato per alcuni decenni. Si è supposto dunque che l’ondata di freddo, che durò per 1000 anni, segua un ciclo naturale, come l’altra dozzina di ere glaciali avutesi nei milioni di anni passati.
Il climatologo Ellen Mosley-Thompson, della Ohio State University in Columbus, studiosa non coinvolta negli studi, afferma che, in base a questa ricerca, le eruzioni vulcaniche sono escluse dall’essere indicate come uno dei principali autori delle glaciazioni su scala globale. Per questo motivo i paleoclimatologi dovrebbero incentrare i loro studi più sui cambiamenti nelle circolazioni oceaniche o sulle variazioni cicliche dell’orbita terrestre intorno al Sole.
E se Toba eruttasse oggi come fece in passato? Sarebbe una catastrofe.
Robock e i suoi colleghi hanno valutato che una megaeruzione abbasserebbe le temperature globali di circa 17°C per diversi anni, seguiti da decenni per un recupero delle condizioni normali. Questo colpirebbe pesantemente la popolazione umana riducendo drammaticamente la produzione agricola e la vegetazione, provocando mancanza di viveri, inedia e morte.
Due anni dopo lo Tsunami, il vulcano Toba ha ripreso la sua attività con tremori armonici. Alcuni scienziati dichiarano che sarà candidato a diventare nuovamente un super-vulcano nel 2012.
Alla luce di questi studi, auguriamoci che questo non accada.