Il Cinquecento è stato il “siglo de oro” delle grandi esplorazioni geografiche, quando improvvisamente si spalancò agli occhi attoniti della vecchia Europa l’immensità di un mondo ancora tutto da scoprire.
I protagonisti di tal esplorazioni non sono stati solo i grandi navigatori da tutti conosciuti, ma anche una numerosa schiera di viaggiatori poco noti, mossi sia da interessi pratici (come i mercanti), sia dalla semplice curiosità di visitare paesi lontani e misteriosi. Tali personaggi ci hanno lasciato suggestive descrizioni dei paesi visitati, piene di gustose annotazioni su usi, costumi, tradizioni, ma anche con pagine spesso drammatiche sulle difficoltà dei viaggi per terra e per mare, spesso ai limiti della sopravvivenza. In mezzo alla grande quantità di notizie forniteci da queste relazioni risaltano in particolare le descrizioni di climi e fenomeni meteorologici a cui gli Europei erano ancora poco abituati.
Abbiamo visto in un precedente articolo la suggestiva descrizione del terribile inverno 1564/65 in Russia; adesso andiamo a vedere cosa hanno scritto coloro che anno viaggiato in India e nel sudest asiatico circa il particolare clima di quelle regioni, caratterizzato sia dalla regolarità dei monsoni, che dalla terribile forza distruttrice dei tifoni.
Filippo Sassetti (1540-1588), mercante e letterato fiorentino ci ha lasciato un nutrito epistolario scritto all’India (ove dimorò per molti anni fino alla morte) e che costituisce una miniera d’informazioni per gli storici.
Vediamo cosa scrive sul clima di quella regione nella lettera indirizzata all’amico Gio.Battista Strozzi l’1/1/1586: “in quest’India (….) l’anno si divide in tre stagioni, una delle quali chiamiamo inverno, che è la prima; la seconda è la stagione de’ terreni e la terza è la state” L’arrivo del monsone da SW è così descritto: “Questo inverno comincia qui da’ 15 a’ 20 di maggio, e generalmente nel pieno della luna che accade in quel tempo. Viene repentinamente e fa della stagione che li precede strano trapasso imperò che essendo in que’tempi un caldo eccessivo e in tal modo grande che malagevolmente si può vivere senza certi risguardi e rispetti. entrono ad un tratto certi venti australi con tanto furor di tuoni, baleni, saette e piogge, che pare che il mondo voglia finire”.
Quindi il Sassetti (e con lui tutto gli altri europei) identifica l’inverno con la stagione delle piogge, corrispondente in realtà all’estate. Ma vediamo come prosegue: “All’inverno detto di sopra segue la stagione dei terreni, così detta per li venti che cominciano a regnare in questi tempi, i quali per venire da levante dalla parte di terra, sono da’ naturali (=nativi) domandati (=denominati) terreni. Cominciono questi a regnare alla fine del verno (…) e durano per lo spazio di quattro mesi (…) Sono questi venti, rispetto agli altri che si sentono, freddi e secchi. Cominciano allentare questi terreni in fine di questo mese di gennaio, dal qual tempo innanzi si sta fino a mezzogiorno senza refrigerio; alla quale ora o poco appresso, cominciano certi venti, che vengono dalla banda di maestro, i quali ci vengono dal mare, ma in piccolo tratto; e levandosi da quelle infelici terre d’Arabia ed Etiopia (a quei tempi il termine Etiopia stava a significare tutta l’Africa), non fanno buono effetto, perché a lungo andare, con tutto che freschi paiono al primo incontro, disseccano e abbruciano”.
Dunque, la stagione del freddo e secco monsone invernale viene fatta seguire …… all’inverno (!!) e viene chiamata “stagione dei terreni”, ovvero dei venti di terra, mentre i terribili mesi primaverili, aridi ed infuocati, quando si raggiungono i picchi più alti di temperatura, costituiscono l’estate. Non c’è che dire, denominazione delle stagioni a parte, un resoconto perfetto, che non sfigura assolutamente se paragonato ad un moderno testo che descriva il clima monsonico.
Del resto anche l’etimologia del termine monsone, che vuol dire “stagione”, è già sostanzialmente conosciuta, in quanto in un’altra lettera il Sassetti così scrive: “Ma l’altre mercanzie che vengono per mare hanno el tempo loro determinato, che si chiama qua monzao, la qual dura tutta la state che è dal settembre al giugno”(qui il Sassetti dimentica la stagione dei terreni e definisce estate tutto il periodo dei monsoni invernali).
Ma i viaggiatori europei non ebbero a che fare solo coi monsoni: vedremo in un prossimo articolo alcune descrizioni degli uragani tropicali.