Più volte, nel corso dell’inverno, abbiamo parlato di un fenomeno piuttosto insolito: il buco dell’Ozono sull’Artico. L’evoluzione del fenomeno, in particolare le cause, erano state ampiamente discusse soffermandosi in particolare sull’incredibile dominio di un Vortice Polare mai così potente.
Ebbene, com’era facile prevedere – anche se in meteorologia mai nulla è scontato – apprendiamo da Copernicus che nel corso delle ultime settimane c’è stato un forte recupero dell’ozono stratosferico su tutta la regione artica.
Tornando un attimo al Vortice Polare, non possiamo non ricordare quanto accaduto in questo mese di aprile: la temperatura nella stratosfera polare è aumentata considerevolmente, portando evidentemente allo smantellamento della struttura ciclonica semi-permanente.
Sino a quel momento eravamo in presenza di un Vortice Polare più forte rispetto agli ultimi anni, il ché ha favorito il mantenimento di temperature stratosferiche attorno a -80°C sul Polo Nord. La circolazione zonale scorreva intorno al Polo Nord instancabilmente per settimane, intrappolando l’aria fredda all’interno del vortice polare e causando in tal modo la distruzione dello strato di ozono stratosferico.
Da metà marzo, invece, lo scenario è cambiato preparandosi a quel meccanismo di distruzione del Vortice Polare che prende il nome di “Final Warming” (letteralmente riscaldamento finale). Evoluzione che sta determinando, finalmente, quella dinamicità atmosferica che ci serviva per riportare precipitazioni degne di tal nome.
Il vortice in progressivo indebolimento ha innescato una “rottura” del jet stream polare che così facendo ha potuto inserire – tramite ondulazioni più o meno pronunciate – depressioni anche a latitudini più temperate. In altre parole, il contrario di ciò che è accaduto quasi senza sosta tra novembre e febbraio.