Nei giorni scorsi abbiamo affrontato l’argomento correlazione tra coronavirus e inquinamento. In particolare, oltre alle correlazioni strettamente legate alla propagazione del virus, abbiamo parlato della quantità di emissioni inquinanti in atmosferica e di come il blocco delle attività abbia letteralmente bloccato l’inquinamento atmosferico. Sia in Cina, sia in Italia.
L’analisi si concentrò sulle emissioni di biossido di azoto (NO2) inizialmente nel mese di dicembre, allorquando l’aria cinese era fortemente inquinata. Nel mese di gennaio, invece, la concentrazione calò bruscamente a seguito dell’entrata in vigore del blocco nazionale.
Non dobbiamo scordarci che le emissioni dipendono anche dalle condizioni meteo climatiche e in modo particolare sia dalla copertura nuvolosa sia dalla ventilazione. A prescindere da ciò, il cambiamento registrato è abbastanza evidente nell’immagine allegata, un’immagine che ci mostra il crollo delle concentrazioni di NO2 su tutta la parte settentrionale della Cina. Stiamo parlando dell’area di è concentrata la maggior parte della popolazione e dell’attività produttive.
Le autorità cinesi procedettero, a partire da gennaio, con le forti restrizioni: blocco completo dei trasporti, delle fabbriche e dell’attività industriale più in generale. Ma se osserviamo l’ultima immagine disponibile, quella sulla destra, possiamo notare come a metà marzo la situazione sia già cambiata. L’epidemia di coronavirus è terminata e tante province hanno declassato i livelli di emergenza procedendo alla riapertura di scuole, fabbriche e uffici pubblici.
Inevitabilmente c’è stata una rapida crescita delle emissioni di biossido di azoto che seppur in concentrazioni inferiori rispetto al pre-epidemia stanno comunque raggiungendo livelli di tutto rispetto.