A largo della costa orientale della Sicilia, l’Etna tende a scivolare nelle acque dello Ionio, sotto il suo stesso peso. Come se nel versante di Sud-Est il vulcano non avesse i piedi. Non si sa se, o quando, questa frana al rallentatore si scatenerà davvero. Per gli esperti, è impossibile dire se causerà tsunami.
Il motore principale di questo movimento, che nel maggio 2017 è stato di 4 centimetri in soli 8 giorni, non è legato alla camera magmatica come ritenuto finora, ma è in mare, come se l’Etna stesse appunto collassando per il suo peso.
Questo è quanto emerso dallo studio pubblicato sulla rivista Science Advances, coordinato dal Centro tedesco Helmholtz per la ricerca oceanografica Geomar di Kiel, che ha tra gli autori tre ricercatori italiani dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Catania.
Da 20 anni i vulcanologi monitorano i movimenti del vulcano, ma finora solo sulla superficie. Per Bonforte, uno degli autori dello studio “i nuovi dati spostano adesso la causa del movimento in mare, dove si trova la scarpata ibleo-maltese. È come se il vulcano lì non avesse i piedi”.
L’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa, ha circa 500.000 anni, un tempo davvero troppo esteso rispetto ai pochi anni di monitoraggio che, per i vulcanologi, non permettono di dire cosa accadrà. Lo scivolamento verso il mare avviene sia in presenza che in assenza di eruzioni.
Il suo motore non è quindi nel cono vulcanico, ma in mare. Non è possibile prevedere se e quando l’Etna provocherà uno tsunami, anche se improvvisi crolli di materiale sottomarino hanno creato tsunami localmente devastanti in altre parti del mondo. Di certo, non vi sono rischi imminenti.