Ci si avvia gradualmente verso la conclusione della stagione autunnale, perlomeno dal punto di vista prettamente meteorologico. Il 1 dicembre, difatti, segnerà l’ingresso del trimestre freddo e con esso anche le colture agricole in pieno campo, tranne quelle autunno-vernine, si concederanno il no0rmale riposo vegetativo. Analizzando l’andamento climatico fin qui riscontrabile, come detto in sede titolare si potrebbe pensare ad un normale ciclo biologico stagionale.
Il condizionale è tuttavia d’obbligo, perché non sempre le colture in pieno campo rispondono positivamente, come magari l’organismo umano, a condizioni meteorologiche stabili e soleggiate. Specie in un periodo durante il quale si mostrano quanto mai necessari parametri climatici adeguati al normale sviluppo fisiologico. Portiamo un esempio. Le drupacee, la cui raccolta si esegue nel periodo autunnale, vanno progressivamente in dormienza, ossia in quella fase che comunemente viene denominata “riposo vegetativo”.
Uno step fondamentale del ciclo colturale, tramite il quale la pianta attua quei meccanismi di difesa contro il freddo invernale ormai all’orizzonte. I tessuti lignificano, gli organi accumulano sostanze inibenti della crescita ed al contempo di riserva necessarie alla sopravvivenza. Processi che poi la condurranno alla nuova stagione vegetativa, non appena i primi caldi marzolini si faranno strada tra le fredde giornate di fine inverno.
Perché tutto ciò accada, al contrario di quanto si sarebbe portati a credere, non v’è necessità di tempo stabile, soleggiato e mite. Certo, non che il sole sia un fattore pregiudicante, tutt’altro. Quel che più interessa è il range termico, in quest’autunno sovente sopra media. Difatti, affinché inizi il riposo vegetativo, tutte le colture, in tal caso le drupacee, necessitano di un accumulo in ore di freddo. Una sorta di cartina al tornasole biologica che india alla pianta stessa il momento ideale per l’entrata in riposo.
Si capisce pertanto che, qualora tale accumulo non venga raggiunto a causa di valori elevati, il ciclo colturale subisce l’inevitabile prolungamento rendendo poi la specie vulnerabile al manifestarsi del freddo improvviso. Un po’ quello che è capitato ad inizio mese, allorquando il medio e basso Adriatico, ma in generale tutta l’Italia, subirono gli effetti della prima avvezione fredda stagionale.
Effetti non evidenti nell’immediato, ma che potrebbero avere ripercussioni negative alla prossima primavera, quando le gemme a fiore, precursori del frutto, potrebbero risultare in numero inferiore alla media. Risultato? Conseguente perdita di produzione al momento della raccolta.
Insomma, è bene distinguere quelli che possono essere gli effetti climatici sull’organismo umano, da quelli sulle piante coltivate. Apparenze che spesso ingannano e che ci fanno scordare l’estrema sensibilità, nonché connubio indissolubile, che gli organismi vegetali hanno col clima.