Se non si riuscirà nell’intento di ridurre le emissioni di CO2, il Mediterraneo potrebbe arrivare a perdere la metà delle specie viventi presenti entro la fine del secolo. Sono questi i risultati di uno studio condotto dal WWF insieme all’università britannica dell’East Anglia e all’australiana James Cook University.
La ricerca ha esaminato l’impatto dei cambiamenti climatici su circa 80 mila specie di piante e animali in 35 delle aree tra le più ricche di biodiversità sul pianeta. Sono state prese in esame le ipotesi più pessimiste di riscaldamento del clima e quelle del limite di un aumento di 2°C sancite dall’Accordo di Parigi.
Secondo lo studio, a fine secolo, potremmo assistere ad estinzioni locali in alcuni dei paradisi mondiali della biodiversità. E soprattutto, sottolinea il rapporto, anche rimanendo entro il limite di 2°C posto dall’Accordo sul clima di Parigi, si perderebbero il 25% delle specie che popolano le aree chiave per la biodiversità.
Per quanto concerne il Mediterraneo, le specie più a rischio sono le tartarughe marine (suddivise in tre specie, la più diffusa è la Caretta caretta) e i cetacei, presenti in Mediterraneo con 8 specie stabili e altre 13 presenti occasionalmente, tutti in sofferenza già per l’impatto delle attività connesse all’uomo.
I problemi principali sono legati all’alimentazione e ai siti di riproduzione. La temperatura della sabbia dove le tartarughe depongono le uova è il fattore che determina il sesso delle tartarughe. Di solito i maschi nascono da uova deposte nella parte inferiore e più fresca del nido: con temperature più elevate i piccoli possono diventare solo femmine e, oltre un certo livello, potrebbero non esserci sopravvissuti.