Nell’emisfero australe è ancora piena estate ma sul Plateau Antartico il declino è evidente. Nella climatologia di questa regione lo schema classico è spesso sostituito da una scansione stagionale diversa e più aderente alla realtà: febbraio è il primo mese della transizione invernale, una sorta di breve autunno che prelude al semestre freddo. Non c’è altro luogo della Terra in cui le temperature subiscano una così rapida e drastica caduta.
L’8 febbraio le due basi permanenti più estreme hanno raggiunto in contemporanea la soglia del -50,0 °C: spaccati, perfetti. È accaduto a Vostok (3.488 m), gestita da scienziati e tecnici russi, e a Concordia (3.233 m), dove opera un team italo francese.
Tra le stazioni automatiche Dome A (4.084 m), installata nel luogo più elevato del Plateau Antartico grazie a una cooperazione fra cinesi e australiani, alle 2221 UTC dello stesso giorno ha segnato -51,7 °C.
I dati delle Aws (Automatic weather station, come sono identificate) vanno tuttavia letti con una certa cautela: proprio perché non presidiate, non offrono totale garanzia circa la precisione dei rilevamenti. Può infatti accadere che accumuli nevosi indotti dal vento modifichino l’altezza del sensore rispetto al suolo mostrando così, specie d’inverno, temperature influenzate dall’intensa inversione termica che caratterizza la calotta glaciale.
Nella regione del Polo Sud geografico, la base americana Amundsen-Scott (2.836 m) ha finora toccato una minima di -43,0 °C (9 febbraio). Il record della prima decade risale al 7 febbraio 2008 quando la temperatura scese a -47,8 °C ma con una curiosità: il valore fu infatti influenzato da un’eclissi solare parziale (82%) che, intercettando la pur debole radiazione, portò a un raffreddamento della superficie.