La si può considerare a tutti gli effetti una metodologia innovativa utilissima paesi più poveri, privi di mezzi tecnici, come ad esempio l’area dell’Africa Occidentale. A tal proposito un gruppo di studiosi ha pubblicato recentemente, presso la rivista “Geophysical Research Letters”, il risultato di un lavoro condotto sul campo presso la città di Ouagadougou (Burkina Faso).
Lo studio aveva come obbiettivo quello del monitoraggio delle precipitazioni monsoniche (nel 2012) attraverso l’utilizzo del segnale di telefonia mobile. La collaborazione con l’operatore telefonico nazionale, la Telecel Faso, ha messo in evidenza un’attenuazione della qualità del segnale – dovuto all’intensità dei fenomeni – in un raggio di 29 miglia, a 7 GHz di frequenza. La variazione del segnale è da correlare alle diverse intensità di pioggia, piogge a loro volta misurate da diversi pluviometri presenti nell’area di studio.
Il metodo ha avuto un grande successo per quanto riguarda la quantificazione dei fenomeni: il 95% dei giorni di pioggia è stato rilevato con precisione. L’obiettivo dello studio è quello di fornire informazioni preziosissime ai servizi di emergenza in modo da anticipare l’arrivo di forti piogge. Basti pensare che ogni anno le tempeste tropicali e i monsoni causano il decesso di migliaia di persone in zone prive di adeguati strumenti di previsione meteorologica.
Un esempio in tal senso, drammatico, ci viene dall’altro lato dell’Africa: le piogge torrenziali che si stanno abbattendo nel Sudan hanno causato la morte di 39 persone e più di 3.000 case sono state distrutte. Un sistema di rilevazione come quello descritto avrebbe consentito, visto la presenza di operatori telefonici anche in Sudan, di prevedere con buon anticipo l’intensità delle precipitazioni.